martedì 27 gennaio 2015

Come usare il divieto secondo la pnl

Anni fa, ho seguito un corso di formazione sulla comunicazione efficace, secondo le metodologie di pnl, e una delle riflessioni più profonde che ne è venuta fuori è stata quella sull'uso del NON. Quante volte lo usiamo con i bambini? Non toccare, non stare seduto in quel modo, non tirare le spinte. Se ci si pensa, certe giornate al nido (o a scuola) sembrano un eterno divieto.

Un piccolo inciso per spiegare cos'è la pnl, o programmazione neurolinguistica. E'un metodo psicologico alternativo, di life coaching, centrato soprattutto sulla comunicazione. Si pensa infatti che i processi neurologici siano connessi al linguaggio e agli schemi di comportamento programmati, cioè acquisiti attraverso l'esperienza.

Come tutti i filoni psicologici e pedagogici, ha il pregio di offrire un punto di vista, sul quale pensare e ripensare l'agire educativo. Così, in questo caso, la mia considerazione va innanzitutto sul NON.

Questa particella negativa ha il potere di stravolgere il significato della frase che state usando. Infatti, chi riceve il messaggio con NON è come se si focalizzasse sull'aspetto di veto della frase e quindi bloccasse ogni altra reazione, anche a livello fisico. Si perde di vista il positivo e non si dà un'alternativa valida a quello che si potrebbe fare.

Anche il linguaggio non verbale è importante. Basta pensare a come si enunciano questi divieti: spesso l'espressione del viso è tirata, quasi arrabbiata; si può allontanare il bimbo dalla situazione; si può alzare l'indice in senso di diniego; si scuote la testa; si alza il volume della voce.

Il primo aspetto su cui porre attenzione è la ricchezza di linguaggio: parlare in maniera adeguata, con soggetti e complementi esaustivi permette di farsi capire meglio e di veicolare un messaggio più corretto, che crea meno ansia. 

Chi ascolta la vostra frase infatti, riesce a decodificare meglio le nostre intenzioni, se chi parla fornisce un numero maggiore di informazioni. Mettetevi nei panni di un bambini: questa cosa sarà molto rassicurante.

Pensate poi a quello che si aggiunge al divieto vero e proprio. Spesso si dice "Così mi fai arrabbiare!": in questo modo si passa all'altra persona la responsabilità delle nostre emozioni, ma in realtà a livello emotivo siamo noi gli artefici di quello che proviamo. "Mi arrabbio quando fai così" è sicuramente una frase più onesta.

Allo stesso modo, l'utilizzo di avverbi come mai, sempre, tutti, nessuno è un'estremizzazione della realtà. "Nessuno mi ascolta", "Tutti i giorni fai così", "Smettila di buttare sempre in terra il bicchiere". E'come se da questi messaggi, trapelasse tutta la frustrazione di chi, in quel momento, non è in grado di valutare la realtà in maniera obiettiva perchè è in preda delle sue emozioni negative.

Anche il verbo dovere funge a livello di veicolazione del messaggio come il non. Indica una responsabilità superiore, estranea a noi. Questa ineluttabilità ci esonera da ogni possibilità di scelta. In realtà la vita è una continua presa in carica: ogni giorno siamo noi a decidere quello che facciamo, anche se si tratta di andare solo dietro ai doveri.

Altri accorgimenti per comunicare in maniera più efficace con i bambini si hanno utilizzando verbi al modo indicativo e non al condizionale, che indica incertezza; specificando il soggetto delle frasi; nominalizzando, che significa concedere temporalità ad ogni stato d'animo.

"Ho paura" è un assoluto, mentre "sono impaurita" mi indica lo stato d'animo di un momento.