mercoledì 30 aprile 2014

Educare i bambini non vuol dire fare loro piacere: la pedagogia di Françoise Dolto

Educare i bambini non vuol dire fare loro piacere, ma introdurli da soggetti responsabili nel mondo degli adulti. Il bambino non se ne ricorderà, ma inconsciamente; nel suo modo di percepire le cose, resterà il segno dell'essere stato associato alla famiglia come un essere umano. Perché il soggetto non ha età, è adulto subito, come a vent'anni. Se non abbiamo il coraggio di parlare noi, se ci fa troppo soffrire, possiamo dirglielo: “Mi fa troppo male, non posso dirtelo io, chiedilo a qualcun altro. (F. Dolto)

Mi sono imbattuta per caso in Françoise Dolto (1908-1988) e come tutte le cose che capitano senza programmarle o è amore o è odio. Io mi sono innamorata di questa grande e forte donna, che oltre ad avere una idea responsabile di infanzia, aveva anche una concezione del mondo femminile molto emancipata. In I problemi dei bambini raccontava del suo desiderio di quando era piccola di diventare medico, ma voleva anche essere utile e operare sul campo: lo è diventata, ha trovato il modo per realizzare il suo sogno.

Ha sempre vissuto in Francia, a Parigi, dove lavorava come psicoanalista ed è nel 1979 che ha fondato la Maison Verte, uno spazio di socializzazione per la crescita dei bambini. Dando un'occhiata al sito, si vede che è uno spazio bambini- genitori molto ben organizzato e che sicuramente nel momento in cui è nato, ha rappresentato una rottura con le istituzioni precedenti legate all'infanzia.

 Ha anche seguito rubriche telefoniche di sostegno alla genitorialità e i suoi dialoghi con gli ascoltatori, che le ponevano quesiti su come crescere i propri figli sono stati raccolti nel testo Come allevare un bambino felice e farne un adulto maturo. Risponde a domande talvolta banali e anche molto pratiche, sia a livello medico- sanitario che pedagogico. Consiglio anche la lettura de Le parole dei bambini e l'adulto sordo, una bella riflessione su come a volte l'adulto debba porsi in atteggiamento di apertura empatico nei confronti dei più piccoli.

domenica 27 aprile 2014

Educare è fare politica: l'esempio di Don Lorenzo Milani

In quanto alla loro vita di giovani di domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo di amare la legge è di obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando non sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate.(da Lettera ai giudici)
Don Lorenzo Milani (1923-1967), il priore di Barbiana, il prete scomodo: comunque lo vogliate chiamare, è stata una figura fenomenale nella pedagogia italiana del Novecento. Personalmente, mi ha aiutato a capire un concetto che proprio non riuscivo a mandare giù. "L'educatore è soggetto politico" recitava il mio manuale di pedagogia generale e io proprio non capivo perchè, convinta dell'importanza della neutralità, per non influenzare i bambini. Che poi, mi chiedevo, io voglio lavorare in un nido, mica spiegare ad una classe la Seconda Guerra Mondiale?

Ecco leggendo Don Milani, ho capito che mi sbagliavo di grosso. Chiunque voglia educare deve prendere una posizione, senza esonerarsi da responsabilità. Deve essere un esempio di cittadino politico nel senso greco della parola: deve essere un uomo del suo tempo e del suo territorio, partecipando attivamente alla vita della sua comunità.

Questo non significa essere di destra o di sinistra o di qualsiasi altro partito: questa è un'altra faccenda. Significa essere portatori di un atteggiamento, curioso e interessato nei confronti del luogo in cui si vive, delle persone che si stanno intorno, di denuncia nei confronti di soprusi. E'quell' I CARE, che lui tanto professava, quel prendersi in carico, riservare cure e voler bene alla propria nazione e ai concittadini. 

E'una lezione trasversale, che passa per tutti i gradi scolastici e sicuramente è un bell'insegnamento anche per gli adulti: non si vivrebbe meglio se tutti evitassimo di dire "non mi interessa"?!

Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia. (da Lettera ad una professoressa)

giovedì 17 aprile 2014

Arte al nido

Negli ultimi anni si sta diffondendo un interesse particolare per programmazioni di asilo nido, che hanno come oggetto l'arte e tutti i suoi derivati. Sono veramente adatte per i bambini in questa fascia di età? Che spunti possono offrire?

Ovvio che non si tratta di tradizionali lezioni di storia dell'arte e di iconografia classica. Il segreto sta nel "prendere spunto", nel ragionare su quello che l'arte ha da offrire per adattarlo all'asilo nido e ai bambini di ogni singola sezione.

Diversi testi pedagogici sull'organizzazione degli spazi e sulla gestione della vita al nido consigliano di mettere il bello a disposizione dei bambini. E cos'è il bello, se non l'arte?! In Cosa faremo da piccoli, Penny Ritscher descrive un angolo destinato ad accogliere le meraviglie che i bambini incontrano nel giardino del nido, a casa. Una sorta di esposizione di tesori provenienti dalla quotidianità: quanti artisti contemporanei hanno lavorato e lavorano su questo concetto? In realtà, è proprio l'atteggiamento di osservare, di tenere gli occhi aperti e di andare oltre alla realtà a essere una bella abitudine per i piccoli, ma anche per gli adulti.

In altri testi pedagogici, come ad esempio in quelli di Catarsi, si raccomanda di far fruire di opere d'arte ai bambini. Quadri fatti da qualche educatore con attitudini artistiche, riproduzione di immagini famose o libri che mostrino raccolte museali possono essere più che sufficienti per rendere familiare l'arte al bambino, già in tenera età. Oltre al lato estetico, si può agire su quella lettura delle immagini che sta alla base degli albi illustrati: ogni tela può diventare una storia. Provate a metterla davanti a un bimbo di 28 mesi e chiedetegli di raccontare: la favola verrà da sè. Ci ho provato con gli "scarabocchi" di Mirò e sono venute fuori delle narrazioni fantastiche. Provate per credere! ;)


Ci sono poi le tecniche grafico pittoriche da cui trarre qualche idea. Bruno Munari è un artista a tutto tondo e spesso ce ne dimentichiamo, ma se sfogliamo qualche suo libro, quante idee ci verranno in mente! Prima fra tutte la rosa fatta con lo stampo di insalata, ad esempio. Io comunque vi propongo 5 tecniche da rielaborare:

  1. Il dripping di Jackson Pollock è la tecnica caratteristica del pittore statunitense, secondo la quale il colore deve essere lasciato sgocciolare sulla tela. In che modo? Inventiamocelo: strizzando una spugna intrisa di tempera, spruzzandolo con spruzzini riempiti di acqua colorata, possiamo tenere il foglio in terra per facilitare la colatura dal pennello. Sarà comunque divertente vedere la goccia che si allarga sul foglio e l'effetto sarà davvero unico.
  2. Il puntinismo è di difficile realizzazione se si pensano ai minuscoli puntini tracciati da Seurat e Signac. Dipingere tondo però è bello: tondo come una patata, tondo come una carota tagliata, tondo come lo stampino di un biscotto, tondo come una pallina da tennis che lascia anche la striscia.
  3. C'è poi il collage, realizzato in tanti, tantissimi modi e qui il segreto è il riciclo: riutilizziamo pezzi di varie carte, da tagliare, strappare e incollare. Però voglio proporre anche un punto di vista alternativo. Conoscete Daniel Spoerri? E'un artista svizzero, famoso anche per aver pensato di assemblare oggetti di vita comune in composizioni che sembravano prendere vita. Ecco che mi viene allora in mente una selezione di oggetti naturali raccolti in giardino, attaccati su un cartellone oppure installati su un piano di creta. Mi vengono anche in mente piccoli oggetti di tutti i giorni messi a disposizione per creare composizioni di questo tipo: scatoline, chiavi, pezzi di stoffa.
  4. Lo scarabocchio è il tratto grafico che contraddistingue l'età sotto i tre anni e come accennavo prima, l'artista che sembra più avvicinarsi a questo stile è proprio Mirò, che oltretutto utilizza anche forme geometriche semplici e pochi colori, di solito primari. Osservare i dipinti, mettere a disposizione ii colori e poi lasciare piena libertà agli scarabocchi è di per sè la prima esperienza artistica che un essere umano può realizzare.
  5. La pittura materica è quella che ha spessore, che rende il dipinto un po'tridimensionale. Osservate bene i quadri di Van Gogh e vi accorgerete che la pittura non è stesa uniformemente, ma in alcune zone è più spessa, più rugosa, c'è più "materia". Per ricreare lo stesso effetto, le modalità sono tante: si può lanciare la tempera con un cucchiaino o con il pennello stesso per lasciare macchie più consistenti, oppure si possono usare spatoline o forchette per "raggruppare" il colore in alcune parti rispetto ad altre.
L'arte allena il cervello al decentramento, a mettersi nei panni dell'altro ed è un atteggiamento da assumere sin dall'asilo nido e da rinnovare fino a quando si è adulti. Ogni volta che si osserva un'opera è come viaggiare con gli occhi del pittore e apprezzare ciò che ha reso grande il nostro Paese nel mondo è una scommessa per il futuro.

giovedì 10 aprile 2014

Il cestino dei tesori fai-da-te

Ho regalato al bimbo di una carissima amica un cestino dei tesori fatto da me. Il cestino nasce per i bambini dai 6 ai 10 mesi, a cui piace stare seduti, afferrare e...mettere in bocca. Il bambino conosce e sperimenta, osserva e interagisce con i materiali come più preferisce, senza che l'adulto intervenga o proponga direttamente. Dopo aver letto e riletto le teorie della Goldschmied, ho deciso che la personalizzazione é sempre l'arma migliore della pedagogia. L'importante é tenere presente la finalitá primaria: stimolare i 5 sensi.

Ecco che allora spunta la bustina di lino piena di té da annusare, i diversi tipi di carta da toccare e da strappare, le scatoline di metallo da riempire per fare rumore. Un vecchio cd o uno specchietto possono diventare superfici su cui riflettersi e aggiungere un'arancia o un limone da assaggiare può essere una scelta azzeccata.

L'attenzione ai materiali é importante: elementi naturali, stoffe, carta, legno, metallo hanno proprietá diversissime tra loro che raramente vengono offerte da altre materie prime. Alcuni oggetti peró sono assai costosi e se il budget  destinato al cestino non é altissimo, potrete ovviare con oggetti piú low cost.

Ricordatevi di non riempire troppo il contenitore, ma di garantire un ricambio di oggetti per due motivi:
1. La varietá: é importante che il bambino possa esplorare forme diverse, materiali differenti e colori disparati;
2. La manutenzione: buttate via gli oggetti deteroriati, strappati e sciupati, sostituendoli con cose nuove e utilizzabili. Oltre ad essere poco appetibili, una scatolina rotta o un tappo di sughero che inizia a sgretolarsi possono diventare pericolosi per i bambini.


Il ruolo di regista dell'adulto si completa nell'osservazione del gioco libero, ma é essenzialmente nella preparazione che é fondamentale. Pianificare lo spazio e la varietá dell'offerta del cestino dei tesori assicurerà la buona riuscita dell'attivitá. Per scegliere gli oggetti, prendeteli in mano, toccateli, osservateli e pensate "alla Munari": come potete agire su quell'oggetto? Cosa ha di divertente? Posso interagire con esso lanciandolo, piegandolo, schiacciandolo?

Ecco comunque una lista da cui trarre spunto per realizzare il vostro cestino dei tesori:
  • ·         Oggetti di origine naturale: pigne, conchiglie, castagne, gusci di noce di cocco, noci, pietre grosse e lisce, spugne naturali
  • ·         Oggetti di materiali naturali: gomitoli di lana/cotone, pon pon, sottopentola in paglia, pennelli da barba, spazzolino da denti, pettini in legno, spazzole in setole naturali, pezzi di sughero
  • ·         Oggetti di legno: mollette da bucato, anelli delle tende, cucchiai, piccoli mestoli, scatoline, sfere, cubi
  • ·         Oggetti di metallo: mazzi di chiavi, catenelle, fruste da cucina, pentolini, elementi della caffettiera, piattini, scatole dei sigari o caramelle, coperchi dei vasetti di marmellata, piccole grattuge, formine per biscotti, tappo da vasca con catenella,
  • ·         Oggetti in pelle, tessuto, gomma, pelo: calzascarpe in osso, scampoli di velluto, foulard di seta, pezzi di tubi di gomma, palla da tennis, pochette con cerniera, pacchettini ben cuciti di tessuto con elementi profumati (timo, tè, saponette).
  • ·         Oggetti di carta: scatolina di cartone, un pezzo di carta velina, un foglio di carta più pesante, rotoli della carta igienica, carta vetrata, un bloc notes

sabato 5 aprile 2014

10 Consigli per prepararsi al concorso per educatore di asilo nido

Quando esce un bando per un concorso i posti sono di solito limitatissimi e la reazione è "Ci proverò, tanto non ho chance". Si prosegue lamentandosi dei soliti raccomandati, della precarietà, della mala gestione della politica italiana. Queste cose sono vere, esistono e sarei un'ipocrita a dire che in realtà non è così e sono tutte rose e fiori. Devo però anche essere sincera e dire che quel "tanto non ho possibilità", nel mio caso è stato smentito.

All'uscita del Bando di Concorso per Educatore al Comune di Firenze, ho ricevuto diverse mail con domande varie sui test e le prove. Ho così deciso di stilare una lista di quello che secondo può essere utile per affrontare questo periodo di esami al meglio.
  1. Stop all'ansia. Inutile dire che riuscire a gestire l'emozione non solo vi sarà d'aiuto, ma saprà farvi uscire da domande inaspettate al colloquio, saprà farvi risparmiare tempo e oltretutto, vi renderà alla vista degli esaminatori più credibili come educatrici di asilo nido: lascereste mai vostro figlio a una ragazza tremante e piangente perché sotto stress?! 
  2. Sorridete. Di conseguenza al punto 1 :)
  3. Studiate bene le leggi e le normative di riferimento, per comprendere l'excursus storico degli asili nido. Sono importanti non solo ai fini del test a crocette, ma anche per avere una solida base su cui impostare il vostro discorso pedagogico, sia nella prova a risposta libera sia al colloquio. Alla fine la legge quadro regionale e la legge istitutiva sono quelle fondamentali e trovate i testi anche sul sito della Regione.
  4. Approfondite anche gli argomenti spinosi che vi sembrano fuori dalla vostra portata, come la legislazione sull'autonomia degli enti locali (L.267/00) e sulla sicurezza sul lavoro: anche se vi sembrerà di leggere in arabo, carpite qualche nozione che vi potrà essere d'aiuto. Controllate poi che siano sempre i testi aggiornati all'ultima modifica.
  5. Ripassate gli autori di psicologia dello sviluppo e di pedagogia, che proprio non ricordate, facendo una selezione dei principali. E'impossibile ricordarsi tutto: fatevene una ragione. Il mio trucco è ricondurli ad una frase o meglio, ad una parola che riesca a rimanermi in testa e a farmi costruire un discorso su di loro. ad es., Erikson--> fiducia/sfiducia, Bronfenbrenner --> ecologia, Skinner--> cane
  6. Per quanto riguarda un discorso più specifico sulla didattica, riguardarsi bene le teorie di Maria Montessori e Elinor Goldschmied sono sempre d'aiuto. Mi è stato d'aiuto anche il Manuale di didattica di Borghi Guerra.
  7. Le linee guida del Comune di Firenze sono on line. Cosa aspettate a scaricarle?
  8. Siate gentili con le altre candidate: potrebbero diventare le vostre colleghe. Per questo anche i gruppi di studio sono, secondo me, sempre meglio dei corsi.
  9. Siete ad un concorso in cui vince chi arriva prima, ma avete anche una possibilità unica: conoscere persone che amano fare il vostro stesso lavoro e che magari hanno fatto esperienze diverse e studiato cose diverse. Arricchitevi dallo scambio con gli altri, non lasciatevi sopraffare: la competizione non compete ai buoni educatori.
  10. Portate sempre con voi il vostro portafortuna: non si sa mai che funzioni davvero! E se non succedesse, vi consolerete con l'amore.
Un forte in bocca al lupo a tutte voi, future colleghe!


mercoledì 2 aprile 2014

Educhiamo con i libri: I tre piccoli gufi

Per festeggiare la Giornata Internazionale della Letteratura per Bambini, ho scelto di presentarvi un libro che rappresenta un capo saldo della letteratura infantile “I tre piccoli gufi” di Martin Waddell. Questo libro è oramai considerato un classico, ma grazie alla ristampa da poco effettuata è possibile reperirlo senza problemi in qualsiasi libreria. Protagonisti di questo albo illustrato sono tre piccoli gufi: Sara, Bruno e Tobia.


I piccoli gufi sono cuccioli come gli altri con tante paure… e che succede quando mamma gufo se ne va nel bel mezzo della notte lasciando tre piccoli gufi da soli?

“..i piccoli gufi si misero a pensare (tutti i gufi pensano molto!)
<<io penso che sia andata a caccia>> disse Sara
<<per procurarci il cibo >>disse Bruno
<<voglio la mamma!>> disse Tobia”

I piccoli gufi aspettano impazienti, stretti stretti l’uno all’altro il ritorno della mamma. Ed ecco finalmente Mamma Gufa che vola leggera e morbida tra gli alberi della foresta per poi planare nel nido, dove l'attendono i suoi cuccioli. Non hanno motivo di essere angosciati, li rassicura la mamma, perché lei tornerà sempre dai suoi cuccioli.

Un parallelismo tra questi gufetti e i bimbi che frequentano un asilo nido è davvero lampante. Questo albo ci permette da educatrici ed educatori, ma anche come genitori, di affrontare questa tematica che spesso getta sconforto, paura e angoscia nei piccoli…la paura dell'abbandono.

“..Tutti i gufi pensano molto..”, ma chissà cosa pensano anche i bambini che ogni giorno abbiamo davanti a noi..

Cosa penseranno?
Che percezione avranno delle ore che passano?
Dove pensano siano i genitori?
Che emozioni vivono?

Un albo illustrato che nelle sue 26 pagine racchiude grandi emozioni e tematiche, una storia per parlare di paure, autonomia, legami fraterni e affettivi.


Consiglio la lettura per asili nido e scuole dell’infanzia.

Testo e foto di Martina Salmaso