lunedì 22 ottobre 2018

Il contatto: esperienze di babywearing e massaggio infantile

Ho sempre pensato che i messaggi veicolati attraverso i gesti, le espressioni, il tono della voce fossero essenziali con i bambini. Mi sono sempre affidata tanto alla fisicità e le mie parole sono sempre state un sostegno a quello che stavo facendo.

Oltre a essere di più diretta comprensione, questo modo di rapportarsi fa leva sull'emotivitá ed è dunque più facilmente assimilabile.

Per comunicare con il corpo il contatto è essenziale e se al nido sembra di non farlo mai abbastanza, con i propri bimbi a casa diventa la normalità.

Attenzione, non sto parlando di tenere sempre in braccio il proprio bimbo come se fosse una nostra appendice. Sto parlando di contatto, di vicinanza fisica ed emotiva.

Pensate a un bimbo che piange: magari non vuole essere stretto in un abbraccio, ma solo prendendogli le mani e cercando di accogliere il suo stato d'animo, si tranquillizza. Non deve smettere di colpo di piangere, se non ha voglia, ma deve sentirsi accettato anche con quello stato d'animo.

Durante la gravidanza, mi sono imbattuta quasi per caso nel babywearing e ho deciso di portare il mio bimbo in fascia. La ragione primaria era la praticità: avere le mani libere, non essere troppo ingombranti con passeggini e carrozzine, portarsi dietro un oggetto leggero.

Poi mi si è aperto un mondo. Quel contatto così intimo e esclusivo diventava un modo per calmare gli animi, il mio e il suo. Solo un santo può rimanere tranquillo durante le crisi da coliche!

Sentirsi stretti in quell'abbraccio, sentirsi contenuti, amati, sentirsi parte di qualcosa sono sensazioni che sembrano scontate in un rapporto genitore- figlio, ma non lo sono affatto.

Le legature della fascia si evolvono con il bambino: inizialmente si porta cuore a cuore, poi di fianco, poi sulla schiena. Portare sulla schiena è un atto di fiducia grande e non ci si vede più negli occhi, ma si guarda nella stessa direzione.

Parallelamente ho frequentato un corso di massaggio infantile, in cui ho imparato ad approcciarmi con un corpo altro, oltre che minuscolo. Può sembrare strano, ma inizialmente manipolare qualcosa di tanto fragile e prezioso può inibire.

Durante le lezioni, invece, ho imparato cosa dava piacere e cosa fastidio, cosa rilassava e cosa agitava e abbiamo stabilito un contatto, costruendo una routine tutta nostra.

Siamo fortunati perché al centro gioco ci hanno riproposto i massaggi, ma ormai Teseo è più interessato a gattonare. Voi li avete mai usati al nido?

Mentre scrivevo, pensavo anche a come sarebbe bello poter portare in fascia anche al nido. Inanzitutto sarebbe un toccasana per le nostre povere schiene😉 e poi faciliterebbe la relazione a due, permettendo di occuparsi anche di altri bimbi contemporaneamente. Avete per caso esperienze a riguardo?

Concludendo, sono grata a Elena Chianucci, consulente del portare e insegnante di massaggio infantile AIMI, dell'Associazione culturale A piccoli passi, che ha messo le sue competenze a disposizione. Perché, a mio parere, non ci si improvvisa: un massaggio sbagliato o una legatura messa male possono compromettere il rapporto con questi validissimi mezzi. Rimettersi a un'esperta come lei è stato per me essenziale, anche da un punto di vista emotivo: anche noi grandi abbiamo bisogno di contatto!

mercoledì 17 ottobre 2018

Praticate il Niente

Spesso tanti genitori mi chiedono cosa possono far fare ai figli a casa, vedo nelle loro bacheche post di attività montessoriane, comprano libri costosi su come intrattenere figli di pochi mesi.

La mia risposta è sempre una: Niente! Fate loro fare il Niente. È un atto di libertà, di fiducia e anche di rispetto.

Immaginate la scena: un bambino di 7 mesi su un tappeto che rotola e afferra qualche oggetto lasciato a sua disposizione: un pezzo di carta, un mazzo di chiavi, un foulard.

Altra età: un bimbo di 5 anni gioca con una palla, la lancia contro il muro e la raccoglie, poi la tira di nuovo e così via.

Chi si sta annoiando? Il bimbo o il genitore che li sta osservando da tempo immemore?

Per i bambini il mondo è un'attività. Tutto incuriosisce. La ripetizione rassicura e fa imparare: l'ossessione della novità è un'altra malattia dell'adulto.

Lasciando i nostri figli liberi di non fare concediamo loro la responsabilità di fare del tempo ciò che vogliono, rispettiamo i loro gusti e dimostriamo di avere fiducia in loro.

È proprio nel Niente che viene potenziata la creatività. È proprio nel Niente che ci si riposa, vivendo il momento presente. È  proprio nel Niente che ci si rapporta davvero nel gruppo dei pari.

É proprio il Niente che manca alle nostre giornate di adulti. Facciamoci fare il Niente dai nostri bambini: ci insegneranno tanto.

(Ho parlato di genitori, ma anche educatori e insegnanti spesso smaniano nell'organizzazione spasmodica di attività: siamo tutti chiamati in causa).

venerdì 12 ottobre 2018

Educhiamo con i libri: Facciamo BU!

Nel mese di Halloween vi propongo un libro scacciapaura: Facciamo BU! di Giovanna  Mantegazza (La Coccinella).

È un cartonato, semplice, con illustrazioni paurose, ma la filastrocca in rima diverte e il fare BU! tutti insieme manda via ogni paura.

Se a volte qualche bimbo può aver paura del diavolaccio rosso o della strega verde di rabbia, a poco a poco si scoprire la loro vera natura: il mostro assomiglia un po'a una gallina, a guardarlo proprio bene.

E lo scheletro? Guarda come batte i denti se facciamo BU!

Nata come una storia della buonanotte, a me piace leggerla sempre... mi diverto anche io a fare BU e a spaventare lupi affamati e misteriose ombre nere!

E voi, cosa leggerete per Halloween per giocare alla paura con i bambini?