lunedì 26 novembre 2012

Educhiamo al genere

Ieri la Giornata contro la violenza sulle donne ha dato modo di riflettere su come riuscire a prevenire tali crimini: certo leggi più punitive diventerebbero un bel deterrente, ma siamo sicuri che possano bastare?

Rispondendo al questionario inviatomi da una laureanda tramite un gruppo di Facebook, ho pensato alle mie pratiche quotidiane al nido: che peso ha il maschile e il femminile in questa fascia d'età?

A mio parere, in questa fase non si dà molto spazio all'educazione di genere, perchè ancora sembra non essercene bisogno: i bambini sono liberi dagli stereotipi sociali, ma ben  presto si accorgeranno delle differenze che contraddistinguono maschi da femmine.

"Perchè le bambine fanno la pipì sedute?" mi chiedeva un bambino di 3 anni.
"Perchè i maschi si vestono tutti di blu?" mi chiedeva una bimba della stessa età.

Quando iniziano a disegnare con maggiore competenza, ci si accorge che la caratterizzazione dei personaggi nei ritratti infantili subisce l'influenza culturale in maniera inesorabile: donne con le gonne e i capelli lunghi, maschi grandi e grossi.

Varrebbe la pena progettare attività e interventi volti a favorire la valorizzazione e l'integrazione delle diversità di genere sin dall'asilo nido. Parlarne in gruppo potrebbe portare a nuove idee... Voi che ne pensate?

La violenza è causata dall'ignoranza. Parlare di stereotipi, differenze di genere, emozioni non è tempo sprecato, è tempo di conoscenza.

martedì 20 novembre 2012

I diritti dei bambini

Oggi è la Giornata mondiale internazionale per i diritti all'Infanzia e all'Adolescenza. 

Celebrare i bambini significa celebrare il nostro futuro, ricordarsi che anche se non hanno diritto di voto, hanno necessità che noi adulti abbiamo il dovere di garantire loro. 

Il diritto dei bambini a GIOCARE è oggi più che mai dimenticato a causa di logiche sociali che impongono una crescita massiva e velocizzata. Prendersi il tempo per correre in un prato o per inventare storie con una bambola, far finta di essere un pirata o dare la mano all'amico per fare un girotondo sono azioni che hanno un valore educativo insuperabile. Ricordiamocelo e passiamo il messaggio tramite le nostre scuole e i nostri asili! Vedere bambine truccate o bambini campioni in qualche sport ad ogni costo è per me una sconfitta per tutti noi.

Buona Giornata ai bambini di oggi, a noi, bambini di ieri, e a tutti i bambini che verranno!




lunedì 19 novembre 2012

Riunioni interattive

Alla parola riunione si associa sempre un'espressione di noia. Fateci caso: "Oggi non posso: ho una riunione! Uff!", "Devo andare alla riunione!", "Faccio tardi! Ho quella riunione". Che si tratti di lavoro o condominio o scuola, l'immaginario comune è quello.

Ho sempre pensato con gioia alle riunioni al nido: sono dei momenti in cui gli adulti si possono davvero incontrare in una dimensione tutta loro e finalmente parlare e confrontarsi con la giusta calma. Penso agli scambi di informazioni giornalieri: troppo spesso frugali, troppe cose da dire.

Allo stesso tempo, credo che un'assemblea monodimensionale sia di un tedio estremo. Ho assistito a riunioni in cui una o più educatrici parlavano ai genitori (spesso disposti in cerchio) in maniera quasi ininterrotta per circa un'ora: sono morta di sbadigli anche io!

E' dunque doveroso, oltre a individuare una scaletta con gli argomenti da trattare in maniera sintetica e esaustiva, creare dei momenti di scambio reciproco. Il passaggio di parola è un buon modo per dare l'idea di un équipe unita dove ognuno ha una sua dimensione, ma gli argomenti da trattare devono essere ben condivisi, senza improvvisare troppo.

Prendere un té con i genitori aiuta a rompere il ghiaccio: ci si pone tutti su un piano più informale, abbattendo barriere difensive. Giochi o attività possono essere altrettanto utili, ma consiglio di progettare in base al gruppo che si ha di fronte: è fondamentale calibrare l'offerta sui genitori a cui ci si rivolge altrimenti si perde l'attenzione degli stessi oppure si creano inutili imbarazzi.

Infine un ottimo escamotage può essere quello delle foto o di brevi filmati di vita al nido, da proiettare al muro o semplicemente da far scorrere sullo schermo di un computer. Sostengono i discorsi e un'immagine vale più di mille parole.

martedì 6 novembre 2012

Il significato dei voti

Ogni tanto aiuto ragazzi di medie e superiori a fare i compiti; parlando con loro, mi rendo sempre più conto dell'inutilità dei voti scolastici. Non si valuta l'impegno, il processo che ha portato a quel risultato; non si valuta la qualità di un lavoro. Sempre più spesso mi accade di vedere lavori giudicati con la stessa superficialità con cui si dicono essere realizzati.

Tante volte interviene anche il cosiddetto effetto Pigmalione: Rossi non è una cima in italiano, che tema potrà mai avere fatto?! Se gli metto 5 e mezzo, non gli faccio altro che un regalo. Non ci si lascia sorprendere da studenti, che magari realmente faticano a raggiungere risultati prefissati, ma che ci provano con tutti loro stessi.

Allora vale la pena di tacciarli con un brutto voto?

Le reazioni degli studenti passano dall'indifferenza alla commiserazione di se stessi. Ho parlato con quindicenni sicuri che non sarebbero mai migliorati in una materia, perchè ormai sapevano di non essere "bravi". Altri ergono un muro nei confronti di professori, incapaci di comprenderli: questo muro significherà anche disinteressa per la disciplina dell'insegnante e sfiducia per la scuola in generale.

Mi rendo conto che il mestiere del professore sia assai difficoltoso, specialmente nell'attuale situazione storica italiana. Mi accorgo anche che questa non è la regola: ci sono insegnanti molto disponibili e aperti al confronto con i loro studenti. Ma la riflessione che faccio non è sulle singole persone, è sul sistema in generale.

Ha realmente un senso dare un brutto voto?

Stilare una sorta di classifica dal più al meno bravo porta davvero all'apprendimento?

Mi sembra che tutto questo vada contro i concetti di empowerment in cui tanto credo e penso anche che minare l'autostima di un ragazzino in età preadolescenziale possa arrecare gravi danni.

Forse è una sorta di preparazione a una società che seleziona e etichetta in maniera continua e secondo i criteri del successo e della furbizia. Il merito è un'altra cosa.