lunedì 26 maggio 2014

Educare è porsi delle domande: Danilo Dolci

C'è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo.Forse c'è chi si sente soddisfatto, così guidato.C'è chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo.C'è pure chi si sente soddisfatto, essendo incoraggiato.C'è pure chi educa senza nascondere l'assurdo che è nel mondo,aperto a ogni sviluppo, cercando di essere franco all'altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono.Ciascuno cresce solo se sognato. 
Danilo Dolci
L'ultima frase di Danilo Dolci dovrebbe essere il motto di ogni educatore: un bambino viene educato se si ha un progetto per lui, se lo si immagina costantemente e si crede in lui. Se tutto viene lasciato al caso o al contrario se si hanno troppe aspettative, il fine dell'educazione decade. Sognare non significa pretendere.

Dolci non è un pedagogista classico, è in primis un educatore e tutto il suo pensiero si fonda sull'esperienza diretta con i bambini. Questo lo si deduce anche dal fatto che, a mio parere, è un estimatore (come bene) della sana scienza del buon senso, che viene sempre incontro ad ogni situazione.

Famoso soprattutto per le sue azioni contro la mafia, nel 1972 è stato il fondatore di una delle scuole sperimentali più importanti d'Italia, il Centro Educativo di Mirto, a Partinico. La sua didattica si fondava sulla domanda, su un approccio maieutico "alla Socrate": è l'alunno che chiede, interpella, esplora, interroga. Pensate cosa significava iniziare al pensiero critico negli ambienti siciliani degli anni di ferro.

Un metodo innovativo se si pensa alla tradizionale trasmissione di sapere. Dolci inoltre gestiva il gruppo ponendo le sedie a cerchio, per favorire il dialogo e concludeva le sue lezioni, chiedendo ai suoi studenti quali fossero i loro sogni. Troppo spesso ci si dimentica i desideri dei bambini, ma proprio su quelli si basa l'apprendimento duraturo: ancora una volta il sogno ritorna.

Questo sua metodologia è stata da tanti definita democratica per questo scambio di idee e pensieri, senza il bisogno di un autoritarismo che era in voga nelle istituzioni scolastiche e politiche dei tempi. Amo ricordare questa sua azione educativa come esempio per la mia: Danilo Dolci è proprio un grande! :)

lunedì 19 maggio 2014

Educare è rendere autonomi: Paulo Freire

Il vero aiuto da dare all'uomo consiste nell'aiutarlo ad aiutare se stesso, nel farlo agente
del suo stesso recupero, nel collocarlo in una posizione critica di fronte ai suoi problemi.
P. Freire

Paulo Freire (1921-1997) è un pedagogista brasiliano ed è stato spesso paragonato a Dewey per il concetto democratico di apprendimento, in cui lo studente assume il doppio ruolo di docente e discente. Sebbene l'urgenza dell'educazione, specialmente nella sua terra, è innanzitutto quella di insegnare a leggere e a scrivere, poichè senza un'alfabetizzazione di base non si può avere una conoscenza vera.

E'proprio combattendo l'analfabetismo che "l'oppresso" prende coscienza della sua situazione e dell'opportunità di far parte di una coscienza politica comune che può sovvertire l'ordine tradizionale e classista della società. 

Si arriva così all'ultima fase fondamentale della pedagogia di Freire: la liberazione, che si guadagna non con la rivoluzione, ma attraverso il dialogo, mettendo insieme azione e riflessione. Ed è sempre il dialogo, la verbosità, la comunicazione alla base di ogni buona scuola che si rispetti.

Il maestro parla con l'alunno non per trasmettere nozioni, ma per sviscerare competenze e abilità. Educazione si avvicina al suo concetto maieutico orginario di ex-ducere, tirare fuori. Uno scambio continuo di informazioni ed idee, che dovrebbe essere il fondamento primario di ogni relazione.

Educazione è quindi rendere autonomi di autoeducarsi e di educarsi con e attraverso gli altri.

mercoledì 14 maggio 2014

Educare è per tutta la vita: Dewey e il bambino attivo

"Forse il maggiore degli errori pedagogici è il credere che un individuo impari soltanto quel dato particolare che studia in quel momento. L'apprendimento collaterale, la formazione di attitudini durature o di ripulsioni, può essere e spesso è molto più importante. Codeste attitudini sono difatti quel che conta veramente nel futuro. L'attitudine che più importa sia acquisita è il desiderio di apprendere. Se l'impulso in questa direzione viene indebolito anziché rafforzato, ci troviamo di fronte ad un fatto molto più grave che a un semplice difetto di preparazione ... Che beneficio c'è ad accumulare... notizie di geografia e di storia, ad apprendere a leggere ed a scrivere, se con questo l'individuo perde il desiderio di applicare ciò che ha appreso e, soprattutto, se ha perduto la capacità di estrarre il significato delle esperienze future in cui via, via si imbatterà? … Il solo possibile adattamento che possiamo dare al fanciullo nelle condizioni esistenti è quello che deriva dal porlo in possesso completo di tutte le sue facoltà. Con l'avvento della democrazia e delle moderne condizioni industriali è impossibile predire con precisione come sarà la civiltà di qui a vent'anni. È perciò impossibile preparare il fanciullo ad un ordine preciso di condizioni. Prepararlo alla vita futura significa dargli la padronanza di se stesso ..." J. Dewey 
La pedagogia di John Dewey (1859-1952) ha alla base l'idea di un bambino attivo, capace, scopritore del mondo. L'educazione dunque viene considerata in senso più ampio di quello strettamente scolastico, poichè essendo soggetto in azione, il bimbo impara fin da quando nasce, acquisendo abitudini, cultura, conoscenze anche da ciò che lo circonda.

Un concetto di educazione sociale che allarga gli orizzonti dell'istruzione formale, che deve permettere la socializzazione, deve essere condivisa e partecipata. Una comunità democratica, quindi, che permette di costruire un futuro cittadino, un uomo politico, impegnato e interessato alle sorti del luogo in cui vive.

E'il primo che pone l'attenzione sul life long learning, l'educazione lungo il corso di tutta la vita. La scuola raggiunge il suo scopo quando insegna ad imparare, poichè nessuno termina mai di acquisire nuove abilità.

E'suo anche il concetto del learning by doing, imparare facendo, che distrugge la didattica classica, secondo la quale il professore trasmette nozioni ai suoi alunni, che adottano un atteggiamento passivo e non riflettente.

Idee di grande attualità, sempre discusse e ancora oggi al centro del dibattito sull'educazione mondiale. Se non si scommette davvero sul cosiddetto LLL non riusciremo a coprire i reali bisogni di formazione della popolazione di oggi e del futuro.

martedì 13 maggio 2014

Educhiamo! cresce

Ormai Educhiamo! ha superato l'età da nido: oggi il gruppo di Facebook, da cui è partita questa avventura, compie 3 anni. Lo avevo fondato, come ricordo spesso, in un momento di transizione lavorativa e, a dire il vero, anche di grande frustrazione.

La vita nei nidi si deve scontrare con la realtà di scarso budget, lungaggini burocratiche, interessi politici e ci si trova un po'smarriti: chi ci crede davvero vorrebbe fare di più non si adatta. Ecco perchè credo molto nel fare rete, nel condividere impressioni e considerazione.

Confrontarmi con tutti voi mi dà sempre la carica giusta per dare il massimo e per continuare a credere in quella cultura dell'infanzia, che è nostra e che spero diventi in futuro un bene comune. Quindi, ora che siamo cresciuti sia in età sia in numero (al gruppo siamo arrivati a 762 membri!!!), non posso che ringraziarvi di fare parte di Educhiamo!

Un particolare ringraziamento va a Chiara, Lucia e Martina, con cui negli ultimi mesi ho condiviso idee e pensieri a livello di pubblicazione di post. Il loro contributo è ed è stato determinante per arricchire il blog e con la loro professionalità e le loro esperienze, mi offrono sempre punti di vista nuovi, su cui riflettere. La nostra piccola redazione è davvero una bella risorsa: mi auguro che con il passare del tempo possa crescere ancora!

Cosa fare per fare un bel regalo di compleanno a Educhiamo!? Condividete sul vostro profilo la sua pagina, aggiungete un amico come membro al gruppo di Facebook, lasciate un commento sotto il post: insomma, siate social! Che poi non è l'essenza di ogni relazione educativa?! ;)

lunedì 5 maggio 2014

Educare è creatività: il mondo di Bruno Munari

C'è sempre qualche vecchia signora che affronta i bambini facendo delle smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate invano; non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi, giochi semplici e molto seri.  (Bruno Munari, Arte come mestiere, 1966)
Raccontare chi è stato Bruno Munari (1907- 1998) è una vera impresa. Fu un grande designer, un grande scrittore, un grande artista e un grande pensatore. Fu un grande.

La sua idea di infanzia era un'idea innovatrice e rivoluzionaria: lavorava per i bambini, considerandoli soggetti attivi e riflessivi. Dal materiale nasceva l'emozione, poi l'idea. Un metodo attivo scientifico, lo definiva, vicino alla pedagogia attiva della Montessori.

I suoi Laboratori, il metodo in cui proponeva materiali e attività sono diventati oggetto di studio in tutto il mondo. La considerazione su cui si basavano era quella, tanto cara a Munari, secondo cui "semplificare è più difficile che complicare". Dava particolare rilievo al processo piuttosto che al lavoro finito e lo ripetiamo spesso anche nei nidi, ma alla fine la logica del "dover fare qualcosa che resta per far vedere" rimane. In effetti è dall'esperienza prima e dall'emozione poi che nasce la conoscenza; il prodotto che ne deriva è come un souvenir di un viaggio che ci ha accresciuto da un punto di vista psichico e culturale.

Sempre di stampo montessoriano, sono i suoi mobiles, adatti per i bambini di pochi mesi, realizzati dopo gli studi di macchine inutili in movimento.

Sua è anche l'idea dei prelibri, una serie di 10 libri, raccolti in un volume extralarge, adatti per i bimbi che ancora non sanno leggere, e non solo... Sono infatti libri realizzati in diversi materiali, che offrono stimolazioni tattili diversi e permettono al lettore di interagire in maniera sempre differente. Munari puntava sull'effetto della sorpresa, da cui deriva la cultura. Si guarda attraverso un buco, si abbottona, si ascoltano pagine frusciare e battere forte.

Anche le Rose nell'insalata sono opera sua: "una volta una maestra prese una patata e la tagliò a metà"... L'idea dell'usare gli ortaggi (patate, insalata, radicchio, rosmarino) come timbri per poi realizzarne altro unisce il senso di praticità a una grande creatività. Divertirsi trasformando un segno in qualcosa d'altro e magari inventarsi anche delle storie.

Segnalo qualche sito interessante di attività laboratoriali in "stile Munari":
Munaria organizza laboratori sul metodo dell'artista
La fattoria delle Ginestre fattoria didattica della provincia di Pavia
Blu sole laboratori didattici e formazione per insegnanti. Ho avuto la fortuna di frequentare un loro corso e non posso fare altro che consigliarvi di partecipare a qualcuno dei loro incontri, se vi capita l'opportunità.