lunedì 30 giugno 2014

Bambini e computer: un mio intervento su E-life

Negli ultimi giorni sulle pagine dei quotidiani nazionali è apparso un articolo su un video pubblicato su Youtube: la protagonista è una bambina di un anno che usa il tablet della madre in maniera naturale. Il fotogramma successivo la ritrae a cercare di modificare le immagini da una rivista attraverso il touchscreen: la bimba non riusciva a capire che bastava girare pagina. La didascalia elogiava l’episodio definendolo l’ennesimo regalo a Steve Jobs.

Personalmente ho strabuzzato gli occhi davanti al computer: mi chiedevo come fosse possibile. Se ci si pensa è chiaro: questa bambina non ha mai visto un libro, non ha mai conosciuto l’odore della carta, non ha mai ascoltato la voce della mamma leggere una fiaba, non ha mai sentito il fruscio leggero delle pagine che girano e cambiano… 

Il libro è una metafora della vita: è una storia che inizia da un foglio bianco ed è in eterno divenire, è una storia sempre viva negli occhi di chi scorre le parole e di chi le conserverà nel cuore, è una storia che stimola i pensieri. Da educatrice, cerco di promuovere il piacere alla lettura sin dalle sezioni di Lattanti al nido: leggere le immagini non è meno importante di leggere le parole.

Quello che manca alla bimba che maneggia il tablet è porsi di fronte alla situazione in maniera creativa: quel computer le ha insegnato come far funzionare un meccanismo che la porterà a determinate conseguenze ma non le ha detto che qualche volta gli ingranaggi si inceppano. Un libro invece non ti dice come usarlo: puoi saltare passaggi, puoi usarlo per non far traballare una sedia, puoi scriverci sopra, puoi rileggerlo da capo tutte le volte che vuoi. Ti poni di fronte al libro in maniera aperta e fantasiosa perché tante volte è proprio il lettore a conferire importanza a una storia: nessun autore, nessun soggetto è interessante in maniera assoluta.

I contenuti dei computer invece sono labili: si possono salvare o eliminare, copiare o incollare… addirittura tagliare! Per un bambino in età prescolare questo è molto destabilizzante: come fare a capire quali informazioni sono davvero importanti? Quali sono quelle vere? Penso inoltre alla prassia: un libro si impugna, si sfoglia, si piega, si porta con sè mettendo insieme l’esercizio di motricità fine e grossa; nel caso del computer invece lo sforzo è minimo per le dita e massimo per la vista.

In età scolare invece i ragazzini acquisiscono una buona capacità di discernimento degli imput, un’altrettanto buona capacità di astrazione dei concetti e una necessità evidente in ambito scolastico. E’impensabile non fare usare il computer in questa fascia di età. Conosciamo bene i vantaggi della posta elettronica, delle videochiamate, dei blog: accorciano le distanze e facilitano le relazioni sociali, per non parlare degli usi lavorativi. 

Un bambino deve riuscire a capire il funzionamento di questi media con l’appoggio degli adulti sia in ambito formativo che educativo, ma non a discapito dei cari e vecchi mezzi di diffusione del pensiero. In molte scuole si sono boicottati i libri di testo per favorire la più economica e agevole soluzione delle dispense online.

I ragazzi di oggi comunicano in maniera disinvolta attraverso i social network a discapito della lingua italiana. Si taggano le foto online a discapito degli album di famiglia tramandati di generazione in generazione. Si connettono da ogni parte del mondo a discapito della meraviglia di trovarsi in ogni parte del mondo.

Forse sono una superstite romantica che ama mandare cartoline dalle vacanze, che è cresciuta scrivendo un diario e che aspettava con ansia le lettere dagli amici di penna sparsi in tutta Italia. Eppure oggi pur continuando a fare queste cose mi sono adeguata aggiornando quotidianamente la pagina su Facebook, mandando e-mail e gestendo un gruppo di discussione online. E penso che proprio l’integrazione delle diverse pratiche sia la risposta.

Come vedo i giovani di oggi alla mia età?

Ogni giorno con il mio lavoro cerco di battermi perché non si impoveriscano nei contenuti, perché hanno tanto da dare e pur avendo tanti trampolini di lancio non sanno come utilizzarli, perché hanno un futuro sbarrato e pochi adulti che credono in loro. 

L’ambiente della scuola favorisce la rapidità e la fluidità di contenuti e troppo spesso le domande dei ragazzi rimangono senza risposta. Le famiglie sono sempre meno aiutate a sostenere e a gestire i tempi per la genitoralià. I bambini rimangono sempre più di frequente da soli davanti a uno schermo.

Credo che il vero regalo per Steve Jobs sia che quella bambina da grande diventi “foolish and hungry”, si appassioni della vita. La passione e la voglia di stare insieme, unite a un buon modello organizzativo possono essere una formula per salvare il mondo. Che lo si scriva su un muro o su una bacheca di Facebook poco importa: l’importante è che si continui a farlo.

Tratto da  un mio intervento in E life (Cirone L., 2011), un interessante saggio sulla società computerizzata.

mercoledì 25 giugno 2014

Educhiamo insieme: un altro anno educativo è passato...

Scrivo questo mia riflessione con un pizzico di nostalgia ma anche con un po’ di tristezza … la nostalgia è per i bimbi che tra poco smetteranno di frequentare il nido e per la bellezza di questo anno educativo passato insieme mentre la tristezza è perché tra pochi giorni rientrerò a pieno titolo e nuovamente tra la schiera degli innumerevoli precari perché per il prossimo anno non ci sono i fondi per potermi rinnovare il contratto. Ed è proprio da qui che vorrei partire per riflettere, perché il lavoro educativo è affascinante e coinvolgente ma spesso si scontra con i problemi economici e in un solo attimo vedi tanti anni di studio e sacrificio sfumare. 

Questi ultimi giorni al nido sono molto faticosi, la fatica di un anno di lavoro mista a questi sentimenti contrastanti mi sta mettendo davvero alla prova!

Ciò che lascio è uno splendido anno con 7 splendidi bambini grandi che ho imparato a conoscere e che ho aiutato a rendere autonomi ciò che spero è il meglio per loro (e anche per me)... io credo che il lavoro educativo sia anche un lavoro su di sé, accettare i sentimenti e le emozioni del momento, rielaborarli e riuscire a trarne insegnamento...
Chiara Maria Candiani

Anche questo anno educativo piano piano sta arrivando alla fine... altri piccoli cuccioli che in questi giorni, mesi, anni, sono cresciuti, lasceranno questo percorso per percorrerne un'altro: quello della scuola dell'infanzia. Un anno pieno di positività, ma anche di difficoltà, di cambiamenti, di novità...un anno che ha aiutato alla équipe a riflettere sul lavoro fatto in questi otto anni di cammino insieme, un lavoro che quest'anno ci ha portato tante belle sorprese e novità dalle famiglie. Eh sì perchè questo è stato l'anno in cui le nostre riflessioni sono andate alle famiglie, alla costruzione della relazione di fiducia e condivisione, al far conoscere un approccio educativo alternativo che aiuti gli stessi genitori a osservare e relazionarsi al loro bimbo in maniera nuova, alla costruzione di una rete educativa

Percorso iniziato dall'equipe attraverso l'organizzazione di un fitto calendario annuale con un evento al mese che coinvolgesse proprio loro (dai laboratori creativi, al corso di Disostruzione delle vie aeree in età pediatrica con la Croce Rossa Italiana; dagli incontri di sezione con la visione del video della giornata dei loro bimbi al nido, ai colloqui individuali; dall'incontro con esperti in educazione ai momenti di condivisione e scambio di riflessioni ed emozioni). 

Un percorso che si conclude con la nostra festa d'estate: "Facciamo rete" ! Eh sì!! E' questo il suo titolo: una rete di relazioni che si crea ogni anno tra gruppo educativo e bambini; tra bambini e bambini; tra gruppo educativo e famiglie; tra le famiglie stesse. Un festa nella quale le famiglie sono le principali protagoniste attraverso la ristrutturazione dei giochi in giardino da parte dei babbi, l'animazione del testo di letteratura per l'infanzia "Il ciuccio di Nina" interamente pensata ed organizzata dai genitori; la creazione di giochi per l'infanzia e articoli creativi da esporre ai mercatini artigianali della città totalmente pensata ed organizzata dalle mamme stesse per raccogliere fondi da destinare all'acquisto di giochi e materiale per il nido.

Riflettendo credo che quest'anno sia stato l'anno in cui le famiglie si sono prese cura del nostro nido, quella cura che ogni giorno noi educatrici abbiamo dei loro bimbi, dell'ambiente in cui vivono la giornata, dei giochi e materiali con la quale si relazionano. Concludo con questa frase: 
"Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme un progresso, lavorare insieme un successo" Henry Ford.
 Lucia Vichi

Eccoci qui, ancora qualche settimana e anche questo anno verrà concluso… Mi trovo qui di fronte alle foto dei “miei” bambini e vedo i loro sorrisi, vedo i loro cambiamenti, vedo occhietti furbi, felici, assonnati e a volte pieni di lacrime, bocche piene di pappa, di parole, di baci braccia e mani piene di giochi, colori e abbracci piedi scalzi, piedi affondati nella sabbia, nella farina e nell’acqua vedo tanta gioia, e tra queste foto riconosco alcune fatiche che hanno accompagnato quest’anno educativo. 

Fatiche nei rapporti con alcune famiglie che ancora faticano a capire che un asilo nido non è un babyparking…o ad affrontare alcune “problematiche” emerse. Fatiche fatte di lavoro portato a casa che coincidendo con altrettante fatiche dovute alla mia imminente laurea (ed ultimi esami universitari). Fatiche nel cercare di riuscire a fare tutto ed organizzare tutto, sognando giornate di 72 ore. Un altro gruppo di bambini è passato nel nostro asilo e ha lasciato segni e ricordi che mi rimarranno a lungo impressi, ora con orgoglio, tenerezza e un velo di tristezza li vedo pronti a incamminarsi verso la scuola dell’infanzia… mi auguro che nel loro cammino trovino solo insegnanti pronti ad accoglierli, a capirli, a spronarli a dare sempre il meglio e che ognuno di loro conservi tutte le più belle caratteristiche e particolarità per cui in questi anni li ho conosciuti…

Cr: la tua curiosità, il tuo appassionarsi e l’indagare sulla natura e sugli animali 
Ca: per la tua sensibilità, la tua tenacia e attenzione 
E: per la tua attenzione alla cura degli altri, per il tuo batterti e schierarti sempre dalla parte di chi è in quel momento più debole 
Ca: per il tuo sorriso, la tua passione per la lettura e per la musica 
G: per la tua energia e per il tuo amore per numeri e lettere, con l’augurio per un domani di divertiti a scrivere e tirar fuori il tuo mondo 
G: per il tuo amore per gli animali, la tua sensibilità e attenzione a non arrecare loro nessun danno…che si parli di un coniglietto o di una formica
Martina Salmaso

E dopo 7 anni di lavoro nei nidi, non mi abituo mai: i saluti di fine anno mi fanno sempre commuovere. Nell'abbracciare i bimbi, soprattutto quelli grandi pronti per l'avventura della scuola dell'infanzia, si ripensa a quando sono arrivati al nido: più piccoli di statura, più bisognosi di cure. Sembrano d'improvviso così autonomi e indipendenti e si capisce che da quell'abbraccio è difficile da sciogliere soprattutto per noi adulti, che vorremmo avere l'opportunità di continuare a vederli crescere. 

Quanti pianti durante l'ambientamento! Quanta fatica a costruire rapporti di fiducia con mamme e papà in preda alle ansie dell'allontanamento! Poi così veloce ed inesorabile, arriva il momento di salutarci. Quest'anno la sezione dei grandi, in cui ho lavorato, aveva un gran numero di bimbi arrivati proprio quest'anno: il periodo degli ambientamenti è stato prolungato e davvero impegnativo. Hanno fatto così tanti progressi e soprattutto hanno fatto gruppo: sono amici

Questo è il traguardo più importante del lavoro educativo: sentirsi parte di un qualcosa che è casa, ma è anche libertà. Non si è in famiglia al nido, ma ci si sente altrettanto sicuri: si può provare a mettersi in gioco per cavarsela da soli. Spero che ognuno di loro porti con sè l'attitudine a creare reti di relazioni e che dentro di sè porti l'esperienza di questo anno insieme.

Il tradizionale "bilancio di fine anno educativo" di Educhiamo! è diventato una rete di emozioni e esperienze: anche questo è un bel traguardo! :) 
Valentina Ferri


domenica 15 giugno 2014

Giocare con tatto di Beba Restelli: perchè leggerlo

Martina aveva consigliato di aggiungere alla nostra Bibliografia un testo di Beba Restelli, Giocare con tatto. Ero molto incuriosita di leggere quello che una delle allieve di Munari avesse da scrivere e da buona fan del maestro, l'ho comperato.


Nella premessa ovviamente si parla dell'incontro con Munari, della nascita e crescita del Laboratorio artistico e del metodo Munari, che ormai è diventato un marchio di fabbrica. Ed è proprio nella spiegazione di questa tecnica che il libro è diventato davvero interessante.

Foto e immagini si inframezzavano a paginette scritte e brevi didascalia: giocare con fiori, fotocopiatrice, puntatrice, tavole tattili. I laboratori avevano la capacità di unire il naturale al nuovo, con un unico obiettivo: rendere il bambino un soggetto attivo e capace di modificare con  la creatività la realtà. Questo è un atteggiamento che se imparato, tornerà utile per tutta la vita e creerà soggetti pensanti e realizzatori del loro destino. 

Anche il capitolo sul Toccare, un linguaggio d'amore fa molto riflettere, soprattutto per chi lavora con bimbi molto piccoli: è attraverso la pelle che si sente e si conosce con il corpo, è un'azione immediata e carica di emozioni e affettività. Si spiegano quindi con brevi schede diverse attività proposte. Non lasciatevi trarre in inganno dal target di età descritto (di solito quello della scuola primaria)
, se ci pensate con i dovuti accorgimenti, potreste proporne diverse nei vostri nidi.

Il libro continua su questa riga alla scoperta dei sensi e dei colori. Che sorpresa scoprire che tante di quelle attività le avevo già realizzate in maniera simile, senza sapere che fossero metodo Munari. La neve, le nuvole, la ricerca dei colori, il bosco tattile: un bel manualetto che raccoglie tante idee.

Grazie a Martina per il consiglio!

lunedì 9 giugno 2014

Leggere per crescere: come ricevere la rivista in omaggio

Oggi è arrivata la mia copia omaggio di Leggere per crescere, periodico di formazione e di aggiornamento per operatorio dell'infanzia e le famiglie. Nel numero di primavera, il tema è: Alla scoperta del mondo emotivo dei bambini.

Il primo articolo è sull'importanza dell'autonomia e quello successivo sul necessario adeguamento delle fasi di sviluppo del bambino: uno sembra il seguito degli altri. Negli altri, si parla delle emozioni dei più piccoli: dall'esternazione del dolore agli effetti della paura, dalla costruzioni di relazioni di fiducia alle tappe dei sentimenti consapevoli. Infine, consigli di lettura per grandi e piccini.


Leggere per crescere si pone l'obiettivo di sensibilizzare le famiglie a leggere ad alta voce, di diffondere una cultura dell'infanzia aperta e attiva, di riflettere sul mondo dei bambini. Ricevere la rivista è facilissimo: basta registrarsi al sito e dopo qualche mese, troverete la vostra copia nella posta.

Voi che invece, avete avuto già modo di prenderne visione, cosa ne pensate? Ad una prima lettura, mi è parsa ben articolata, con specchietti riassuntivi e temi interessanti. I testi consigliati poi mi sono sembrati davvero validi. Insomma, è una rivista a tutto tondo, non specificatamente indirizzata a specialisti del settore, ma anche a mamme e papà curiosi di esplorare il mondo dell'infanzia.

martedì 3 giugno 2014

La finalità ludica esiste?

In tutte le programmazioni che mi è capitato di compilare in questi anni all'asilo nido, una voce diceva "finalità". Gli obiettivi sono sempre tanti e prima di tutto, non dobbiamo mai dimenticare le macroaree dell'autonomia e della socializzazione, che sono i fondamentali di ogni agire educativo.

Ma il gioco dove lo mettiamo? Il divertimento, il loisir, il ludico?

Avete mai provato ad aggiungerlo alla lista?

Vi verrà risposto che è scontato, banale, non così importante. Ecco, io proprio non lo credo e vorrei che in tutti i nidi, o ancora meglio, in tutte le scuole ci fosse un bel cartello "QUI CI SI DIVERTE!". Perchè non è vero che le cose serie devono essere poste su un piano privilegiato, non è vero che pensare al divertimento dei bambini è così automatico, non è vero che senza il piacere si apprende lo stesso.

Si fagocita, si impara a memoria, ma non si fa nostra un'esperienza proposta. Niente vieta di cambiare l'attività, di "aggiustare il tiro" se ci accorgiamo che ai bimbi quella cosa non piace: dipende dagli interessi, dalle fasi dell'anno, dalle modalità di presentazione dell'attività. Non è uno scacco professionale: non ci dobbiamo ostinare a presentare i travasi tutti i giorni se quei bambini non hanno voglia di farli.

Magari li farebbero più volentieri in giardino, magari non li farebbero proprio, magari sarebbero più curiosi di sperimentare materiali diversi: è davvero necessario per il loro futuro che stiano seduti con il broncio a passare ceci secchi da un recipiente all'altro?

Allora, con questo non voglio dire che tutto il resto sia da tralasciare e che lo spontaneismo sia la miglior strategia, però vorrei porre l'attenzione sul sorriso dei bambini: non lo consideriamo un accessorio!

Il piacere deve essere una finalità per qualsiasi programmazione educativa, perchè senza il "volentieri" non si creerebbe quel clima favorevole alla comparsa di sicurezza e di autonomia nel bambino, alla socializzazione spontanea, alla voglia di scoprire il mondo. La gioia è il dovere più grande.