lunedì 24 febbraio 2014

Il sonno al nido

Le routines al nido sono molto importanti,sono quella sorta di impalcatura sopra cui si costruisce tutto il resto. E’ importante però sottolineare l’importanza della relazione adulto-bambino per non rischiare di sfociare in pratiche abitudinarie che accentuano una immagine del bambino che deve essere pulito,nutrito e messo a letto rischiando di dimenticare la relazione affettiva. 

Il riposo è una delle routine più importanti al nido. Un buon riposo è un indicatore positivo dell’efficacia del nostro agire educativo e dell’effettivo benessere del bambino al nido. Far addormentare i bambini non è scontato e richiede fiducia che permette di passare da una fase di veglia ad una di sonno in maniera facile. 

La familiarità e la prevedibilità sono importanti per la formazione della fiducia, i lettini devono essere sempre allo stesso posto e le educatrici che accompagnano i bambini al momento del sonno dovrebbero essere le educatrici di riferimento. “E’ logico supporre che questa fiducia sia più facilmente sviluppabile in asili nido basati sul sistema dell’educatrice di riferimento” (Goldschimed & Jackson 1996). 

Le educatrici devono porre attenzione ai segnali inviati dai bambini e provvedere subito al loro bisogno di dormire. Tra i segnali che indicano quando i bambini hanno sonno abbiamo: occhi che si chiudono, sbadigli, sfregamento d’occhi, rallentamento corporeo, il bambino sembra addormentarsi dove è. E’ consigliabile fin da piccoli che le educatrici facilitino la creazione di un rituale pre-sonno rispettandolo nel tempo. Sono necessari pazienza, messaggi chiari e gentili e l’utilizzo di più tecniche per far addormentare tutti.

Alcuni consigli per favorire il riposo:
  • far dormire i bambini sempre nello stesso posto e nella stessa culla/lettino. Ciò permette al bambino di sviluppare un senso di appartenenza e di prevedibilità rispetto agli spazi della routine.
  • creare una atmosfera rilassata, accompagnandoli e verbalizzando ciò che si sta facendo

  • favorire il rilassamento anche tramite l’uso di musiche lente e rilassanti.
  • permettere al bambino di addormentarsi con un oggetto portato da casa come ad esempio un peluche.
  • mettere a letto i bambini ad un orario costante prevedendo comunque tempi di addormentamento differenti da bambino a bambino.
  • prevedere dopo la routine del pasto almeno una mezz’ora di gioco libero per provvedere alla routine del cambio del pannolino prima dei rituali che accompagnano la messa a letto.

Foto di Alon Banks
Spesso le educatrici si trovano ad affrontare bambini che non affrontano in modo del tutto sereno la messa a letto e questo può dipendere dalla differenza di temperamento di ogni bambino. Le educatrici sanno che tutti i bambini devono essere messi a nanna quando sono stanchi, anche se protestano. In questo caso si possono provare diversi sistemi fino a trovare quello giusto evitando però di lasciare piangere i bambini ma rassicurandoli e dedicando loro rassicurazione e contatto fisico senza desistere dal metterli a nanna. 

Nel caso di bambini che manifestano resistenza durante la routine della nanna le educatrici devono distinguere tra il bambino che ha bisogno di dormire e quello che non ha bisogno di dormire. Se il bambino è particolarmente agitato probabilmente oppone resistenza al sonno anche se ne ha bisogno. In questo caso le educatrici devono ricercarne il motivo insistendo al contempo che stia a letto con un atteggiamento calmo e fermo in modo da tranquillizzare il bambino.

Il riposo è una delle attività più importanti negli asili nido e l’attenzione che le educatrici pongono a questo momento porta molti benefici per i bambini. Va però ricordato che alla base di tutto c’è sempre una forte interazione che bisogna sempre avere con le famiglie per comprendere i vissuti del bambino e per far comprendere alle famiglie stesse l’importanza di certi rituali anche tra le mura domestiche. Un bambino che anche a casa vive sempre il medesimo rituale si sente rassicurato e rinforzato trovando nel tempo la serenità necessaria.

di Chiara Maria Candiani

martedì 18 febbraio 2014

La cura del corpo al nido

Il tempo al nido viene scandito dalle routines, le quali aiutano il bambino piccolo a percepire lo scorrere del tempo, facendo esperienza della successione del tempo e permettendo al bambino stesso di ritrovarsi ogni giorno e di vivere la sua permanenza nel nido con serenità.
Tra i momenti di routines troviamo il momento della cura personale. La cura personale fa parte di un complesso processo nel corso del quale il bambino impara a conoscere il suo corpo e il proprio sè. Durante i momenti di cura del corpo ci si occupa del benessere del bambino, della cura del suo corpo, ci si preoccupa di suscitare il piacere che il bambino piccolo prova per quello che gli si fa e di favorire in lui ogni possibilità di autonomia. Ma le cure del corpo, come d'altra parte, le altre routines, consentono al bambino di costruire con le persone che si pendono cura di lui una relazione affettiva reale e significativa.
Nelle riflessioni che ci offrono Myriam David e Geneviève Appell nel loro testo "0-3 anni Un'educazione Insolita. Una nuova concezione dell'infanzia nell'esperienza di Loczy: un modello per gli asili nido" (istituto di Budapest creato e diretto da Emmi Pikler), gli autori mettono in evidenza delle azioni che costituiscono un momento di cura fortemente centrato sulla relazione: considerare il bambino come un essere umano attivo, che sente, che osserva, che registra, che comprende; non avere fretta nei tocchi, nei gesti, nelle parole, nelle azioni; rispettare il tempo e il ritmo del bambino, senza interruzioni nè confusione. 
Riflettiamo in maniera più approfondita su queste azioni. I gesti dell'adulto che accompagnano il momento della cura devono essere accompagnati da dolcezza: dolcezza che significa non tanto semplice gentilezza ma piuttosto riconoscere il fatto che il bambino è sensibile a tutto ciò che gli viene fatto e non può essere manipolato a piacere come fa comodo all'adulto. Quindi niente bruschi cambi di posizione, niente trascinamenti quà e là, niente strattoni, niente teste sfregate con eccessiva energia. Lo stesso modo per sollevare e appoggiare il piccolo sul fasciatoio è un buon esempio di questo atteggiamento: il bambino viene prima chiamato per nome, se necessario è messo sul dorso di fronte all'adulto che cerca di attirare l'attenzione; poi gli si solleva leggermente il braccio, in modo che la mano dell'adulto possa prendere la testa del bambino così che resti ben sostenuta; solo allora viene sollevato. 
Per riappoggiarlo, la stessa dolcezza e prima di lasciarlo l'adulto lo guarda, gli dice qualche parola con tono dolce e calmo, gli sussurra, gli sorride. Alla dolcezza si unisce la preoccupazione dell'adulto di riferimento di rendere partecipe attivamente il bambino al momento di cura. Durante le cure l'adulto parla al bambino guardandolo. Esso gli riferisce tutto ciò che gli fa  "Adesso ti sollevo, ci togliamo il pannolino sporco e ci rinfreschiamo un po' con l'acqua...".L'adulto cercherà poi di commentare anche le reazioni "Ah, fai le boccacce, non ti piace eh, ma abbiamo quasi finito. Stai sereno". E' chiaro che con bambini più grandi, quando il cambio inizierà ad essere fatto in piedi a terra, la conversazione e la partecipazione del bambino sarà molto più attiva.


Nel bambino piccolo si riesce ad evidenziare una cooperazione attiva se l'adulto utilizza i gesti spontanei del neonato: ad esempio, egli coglie il momento in cui il bambino alza il piedino per infilargli il calzetto, facendogli notare l'utilità di questo gesto. Poi mano a mano che il neonato cresce l'adulto può chiedergli di alzare il piedino, aspettando il momento buono e un movimento spontaneo del bambino per trasformare tutto ciò in un successo ampiamente commentato. Il bambino, crescendo, si fa sempre più cosciente di questa cooperazione che, ad un certo punto, diventa volontaria. Precisando che tanta dolcezza nei gesti, nelle attese e nelle parole non aumenta la durata delle cure perchè elimina tutti i momenti in cui il bambino si oppone alle manipolazioni "aggressive e frettolose" dell'adulto.
Nel momento in cui il bambino raggiunge una certa sicurezza nella posizione "in piedi" si può introdurre anche la cura delle mani: si può offrire al bambino un dispenser di sapone, un asciugamano a sua altezza (o salviette di carta a sua altezza), dargli tempo, rispettare il suo ritmo, cercando di lavare le mani accanto a lui, senza parole solo gesti, in modo tale da poter diventare un ottimo modello per "come" lavarsi le mani ... a volte le parole sono davvero poco fruttuose rispetto al comportamento e all'azione in silenzio!
Inoltre, nel bambino che ha raggiunto una certa consapevolezza e volontà nel momento routinario della cura, quindi un bambino che sta iniziando da sè a interessarsi al water o vasino, le azioni più importanti (in base a questa percezione pedagogica) da poter far riferimento nel rispetto del suo ritmo, del suo corpo, del suo sè sia: 
  • lasciare libero il bambino di svestirsi e rivestirsi da sè; l'adulto può aiutarlo nel momento in cui lo percepisce in difficoltà; 
  • lasciare libero il bambino di togliersi da sè il pannolino e buttarlo via nel bidone apposito;  
  • offrire al bambino la possibilità di scegliere se utilizzare il vasino o salire da solo con la scaletta nel water;  
  • offrirgli la possibilità di scegliere il pannolino da indossare;  
  • salutare insieme all'adulto, tirando giù da sè l'acqua ciò che rappresentano le "parti di sè" (ossia pipì e popò);  
  • essere accompagnato in questo tempo e spazio da un adulto che "accoglie" con delicatezza e dolcezza e non con fretta, disprezzo; 
  • essere rispettato nel suo tempo e nel suo ritmo.


Concludo riportando questo riferimento ripreso da un incontro formativo: 
IL BAGNETTO DI TUNDE 
Margot, una delle quattro nurse del gruppo, toglie il pannolino a Tunde, coricata sul fasciatoio. Tunde la guarda; Margot parlandole, aspetta che la bambina abbia separato le mani per toglierle la tutina. In seguito la appoggia su una bilancia per pesarla. Tunde muove le braccia e le gambe, poi si tocca le dita e sfiora il braccio di Margot. La donna la rimette sul fasciatoio e con l'ovatta la unge, molto delicatamente, le pieghe del corpo, nominandole (le orecchie, il collo, i polsi, le dita delle mani e dei piedi, i gomiti, le ascelle , i gomiti, le ascelle, le cosce, ecc.); è molto attenta ai suoni e ai movimenti di Tunde. La bambina è tranquilla e attenta, sfiora Margot varie volte, poi si mette in mano la bocca. Margot insapona Tunde sul fasciatoio con un guanto di spugna, descrivendole quello che sta facendo. Tunde la osserva , l'ascolta, agita braccia e gambe quando viene spostata leggermente...

(parte di riassunto di un filmato realizzato a Loczy, Il bagno di Tunde , 3 mesi)


Parole e avvolgimento del corpo con il gesto ... gioco, relazione e apprendimento che si intrecciano armoniosamente.

di Lucia Vichi

Foto di Xumet, Mikel Seijas Alonso

lunedì 10 febbraio 2014

Cos'è la scuola parentale? Risponde Andrea, homeschooler dell'Ecuador

Sempre più genitori decidono di tenere i propri figli a casa, di non mandarli a scuola e di impartire personalmente un'istruzione, giudicata più costruttiva rispetto a quella offerta dalle istituzioni tradizionali. Spesso questi sistemi sono criticati per la loro informalità, sembra che non avere un programma tradizionale da seguire voglia dire non insegnare, le madri e i padri qualche volta non hanno un titolo di studio preciso e poi rimane il problema della legalità: si può fare? In Italia l'istruzione inferiore, impartita per 8 anni, è obbligatoria e gratuita, come recita l'articolo 34 della Costituzione italiana, e quindi si può fare homeschooling, proprio perchè non è la scuola ad essere un dovere. Rimane ancora una perplessità: la socializzazione. Se si chiude un bambino all'interno delle mura domestiche, come riuscirà a rapportarsi con i coetanei e con altri adulti? 

Mi sono accorta che conoscevo più le critiche che il fenomeno reale e dunque ho deciso di studiarlo più a fondo. La Rete è d'aiuto in queste occasione e i siti a tal riguardo sono tantissimi. Altrettante sono le community di homeschoolers, create per condividere materiali, metodologie, esperienze.Ovviamente tracciare una descrizione univoca impoverirebbe la scuola parentale,che punta sulla personalizzazione: ognuno calibra le proprie lezioni sui propri bambini, sui materiali a disposizione, sul territorio in cui vive. Ed è proprio questa ricchezza di contenuti che viene fuori, leggendo quello che viene scritto nei blog e nei gruppi di Facebook. I bambini imparano vivendo e prendendo parte ad esperienze che nella scuola tradizionale non possono nemmeno venir proposte. Si riscoprono valori tradizionali e attaccamento al proprio ambiente di vita: una risorsa inestimabile se si pensa ai contenuti, ahimè, ormai globalizzati, che vengono offerti ai nostri bimbi sin dalla scuola primaria. 

Tramite un gruppo di Facebook, Andrea Gardiner si è resa disponibile a rispondere a qualche mia domanda riguardo la scuola familiare, che lei porta avanti in Ecuador, dove vive con le due figlie di tre e cinque anni. Cura un blog e ha una pagina Facebook. Cercherò di tradurre le sue risposte al meglio, ma riporterò le sue risposte interamente per chiunque abbia voglia di leggerle direttamente in inglese.

Foto di Andrea Gardiner
  • Quando hai deciso di iniziare a fare homeschooling?
Ho iniziato a fare homeschooling un anno fa. Vivo in Ecuador con mio marito ecuadoregno. Io vengo dalla Gran Bretagna e volevo che le mie bambine imparassero l'inglese come lo spagnolo. Ho mandato la più grande in un nido, ma una volta che lei ha cominciato, non sembra la scuola adeguata.

I started homeschooling a year ago. I am living in Ecuador with my Ecuadorean husband. I am British and wanted my children to learn English as well as Spanish. I sent my oldest to nursery, but once she started school it was no longer adequate.
  • Hai qualche titolo di studio per insegnare?
Sono un medico. Non hai bisogno di una qualifica particolare per fare educazione parentale. Penso che le tante esperienze che ho fatto in vita mia mi abbiano preparato ad insegnare alle mie bambine.

I am a medical doctor. You do not need a teaching qualification to home school. I find the many experiences I have had in life had prepared me for teaching my girls.

  • Come sono le scuole tradizionali nel tuo Paese?
Le scuole in Ecuador non insegnano ad un livello paritario di quelle del Regno Unito e questa è una delle più importanti ragioni per cui ho iniziato a fare homescooling.

The ordinary schools in Ecuador do not teach to the same level as schools in the UK, which was one of my main reasons for starting to homeschool.


  • Ci sono altri homeschooler nel tuo Paese?
In Ecuador ce ne sono pochi altri. Molte persone che, come me, vengono da altri paesi hanno scelto l'homeschooling per i loro bambini, se non hanno optato per la Scuola Internazionale. Pochissimi Ecuadoregni sono homeschooler.

There are few other homeschoolers in Ecuador. Many other ex-pats choose to homeschool their children if they cannot afford an International School. Very few Ecuadoreans homeschool although I do know a few.
  • Dove trovi il materiale per le tue lezioni? Usi metodologie particolari?
Seguo più o meno il Curriculum nazionale del Regno Unito. Ci sono molte risorse su Internet e sono un membro del gruppo di Facebook Homeschooling parents:qui si scambiano idee, esperienze e link utili. L'homeschooling ci dà la libertà di fare cose adatte ai bisogni e agli interessi dei bambini a cui ci rivolgiamo. Per esempio, le mie bambine parlano due lingue e imparano sia in inglese sia in spagnolo, così studiamo storia e geografia dell'Europa e delle Americhe.

I follow the National Curriculum of the UK more or less. There are many resources on the internet. I am a member of facebook groups of other homeschooling parents. They share ideas, resources and links. Homeschooling does give us the freedom to do things according to the girls needs and interests. For example my girls are bilingual and learn both English and Spanish and we study history and geography from Europe and the Americas.
  • Sei soddisfatta della tua scelta?
Sono molto felice della mia scelta. Amo passare il tempo con le mie bimbe ed essere la persona a cui loro possono chiedere di chiarire i loro dubbi. Ciò rende flessibile la nostra famiglia e le bambine possono seguire lezioni individuali e possono fare progressi secondo il loro ritmo.

I am very happy with my choice. I love spending the time with my girls, and being the person who answers their many questions. It gives us flexibility as a family and the girls have one to one tuition and can progress at their own pace.
  • Hai ricevuto critiche riguardo alla tua scelta?
La gente dice che nessuno può insegnare se non sei un insegnante e che i bambini hanno bisogno della scuola tradizionale per socializzare. Nessuna di queste due affermazioni è vera. L'essenza di essere un genitore è di preparare i tuoi bimbi, magari anche nei programmi didattici. Le mie bambine hanno molto più tempo per giocare con i vicini di casa in questo modo e socializzano con adulti e bambini di tutte le età: non sono nè timide nè vergognose.

People say one cannot teach if you are not a teacher and that children need school to socialise. Neither of these are true. The essence of being a parent is training your children and this can include academic subjects. My children have more time to play with the children in the neighbourhood now than they would were they in school. They sociialise with adults and children of all ages. They are neither timid nor shy.
  • Qual'è il miglior aspetto positivo dell'homeschooling? Quale il peggiore?
L'aspetto migliore dell'homeschooling è, a mio parere, di saper sfruttare l'interesse reale dei bambini, accorgendosi quando e a cosa sono interessati. Abbiamo la libertà di studiare quel particolare argomento come e quando vogliamo e questa forma di amore per l'apprendimento dura tutta la vita. 

L'aspetto peggiore è il potenziale isolamento, ma noi facciamo passare alle nostre bimbe molto tempo a giocare con i coetanei e le portiamo in scuole di danza e palestre.

The best feature of homeschooling for me is being able to take the children´s lead when they are interested in a particular subject. We have the freedom to study it then and there. This forms a lifelong love of learning in them. The worst feature is the potential isolation, but we counter this by giving them plenty of time to play with other children and taking them to ballet and gym clubs.


La testimonianza di Andrea mi ha fatto vedere la scuola parentale da un punto di vista diverso: ha posto l'attenzione sulla peculiarità delle famiglie in cui coesistono diverse culture, sulla inadeguatezza di qualche sistema scolastico e sull'importanza dell'interesse vero dei bambini, che spesso a scuola non viene appagato. Chiunque voglia lasciare la propria testimonianza di homeschooling, oltre a lasciare un commento al post, può anche contattarmi in privato alla mail valeps@hotmail.it.


mercoledì 5 febbraio 2014

Il pranzo al nido

Un pranzo gustato in buona compagnia ha il potere di fermare il tempo
Penny Ritscher

Il pranzo è un momento centrale nella vita al nido, perché rappresenta una delle cosiddette routine, un momento della giornata che quotidianamente si ripete e scandisce i tempi. I bambini in questo modo hanno una bussola per orientarsi a livello temporale, comprendendo lo scandire delle attività.

Il pranzo assume un significato particolare anche per la sua valenza affettiva e relazionale. Si mangia tutti insieme, bambini, educatori, esecutori e cuochi. In questo clima di convivialità, si parla, si discute della giornata e delle pietanze che si sta mangiando. Una riflessione importante viene innanzitutto dal cibo: abituare sin dal nido a mangiare sano e in maniera varia è ormai un obbligo per chiunque abbia il compito di pianificare i menù. Si propongo ai bambini verdure, zuppe, piatti unici, in modo che ogni giorno possa provare una consistenza ed un gusto differente. Mettere in lista anche ricette di nazioni altre è una buona prassi per aprirsi verso tradizioni che non conosciamo: il cibo è cultura e tradizione e non si può chiudersi nella “maniera italiana” ad ogni costo. L’esempio degli adulti e degli altri compagni che mangiano di solito spingono il bambino ad assaggiare, ma se non ha proprio fame o si rifiuta di finire il piatto, che cosa fare? Si dovrebbe rispettare la sua scelta, perché il nido è un’agenzia educativa che non ha come finalità primaria quella di nutrire, ma quella di educare e in quel momento noi stiamo educando al pranzo, occupandosi della qualità del momento e non della quantità.

Sia Penny Ritscher sia Enzo Catarsi si sono occupati molto della tematica, cercando di trarne linee guida per organizzare il pranzo nella maniera più adeguata. Cercherò di riassumere i contenuti fondamentali di quello che ho ascoltato e letto dai due pedagogisti, tenendo sempre presente che l’organizzazione della routine deve essere ben preparata e condivisa da tutto il gruppo di lavoro. E’ l’occasione in cui tutti gli adulti del nido hanno un ruolo attivo e preciso e collaborare è fondamentale per la buona riuscita del pasto. L’obiettivo principale è l’autonomia: il bambino può e deve avere occasioni in cui impara a fare da solo, da gesti semplici ad azioni più complesse. E’ovvio che nella sezione dei Piccoli, il pranzo deve essere organizzato in maniera quasi personalizzata o comunque gestito soprattutto dalle figure adulte. Infondo il pranzo è come un’attività, essendo ricco di sensazioni tattili e olfattive, favorendo la manipolazione e la scoperta di nuove consistenze e di nuovi colori e permettendo un’acquisizione di abilità legate alla prassia fine e non (Ritscher, 2000). E poi per una volta: è consentito sporcarsi!

Foto di Joseph Choi
In fase progettuale, quindi, discutere di come raggiungere l’obiettivo è fondamentale per pianificare al meglio e innanzitutto devono essere decise le modalità di realizzazione, curando particolarmente gli spazi e l’attrezzatura. Sarebbe meglio avere a disposizione tavoli da 6 bambini circa e almeno un adulto; sarebbe funzionale avere piani di appoggio a portata di mano per potersi alzare il meno possibile; bisognerebbe utilizzare tovaglie e stoviglie nel classico stile “da trattoria”, piatti e posate a misura di bambino, vassoi da portata e formaggere che i bimbi possano utilizzare con facilità, cucchiai da portata di colore diverso rispetto a quelli personali, brocchette per versarsi da soli l’acqua. Insomma, l’ideale corrisponde a un target piuttosto alto, ma non impossibile da realizzare anche se confrontato a realtà in cui alcune condizioni sembrano inattuabili. Bisogna valutare il numero di adulti in turno nel momento del pranzo, considerare i costi di attrezzatura e pensare alla loro manutenzione. Insomma, un pranzo educativo non può essere improvvisato, ma deve essere una scelta consapevole da parte di tutto il gruppo di lavoro.

Altri punti su cui porre l’attenzione sono il tempo e la ritualità. Non si può pensare al pranzo come un momento frugale in cui ci si catapulta a tavola, si mangia in fretta e furia e poi si sparecchia altrettanto velocemente: viene il mal di testa solo a pensarci. Bisogna perdere tempo: è un dovere, che oltre a obbligarci a una salutare lentezza, renderà quel momento vissuto pienamente a livello emotivo e relazionale. In questo clima sarà più facile acquisire capacità, dalle più facili alle più complesse. Non pretendiamo dai bambini un’eccessiva pazienza, però: non ha senso tenerli seduti, senza far niente, dopo che hanno finito di mangiare, per tempi prolungati. La ritualità poi è alla base di qualsiasi routine ben organizzata sia per quanto riguarda lo svolgersi degli eventi, preferibilmente simile, sia per quanto riguarda veri e propri riti da associale al momento, come per preparare i bimbi a quello che verrà dopo. Questo però non vuol dire che le routine divengono statiche e sempre uguali: è dovere dell’educatore valutare e aggiustare il tiro, quando occorre. E’giusto che il bambino si orienti nella routine, ma pensate a un bimbo ad inizio e a fine anno: cambiano i bisogni educative, le autonomie raggiunte, le abilità fisiche. Senza la flessibilità, ogni routine perde di significato.

Uno dei momenti difficile da gestire e quello precedente al pranzo: dopo le attività, si va in bagno, ci si lavano le mani e poi se il carrello con il cibo non è ancora arrivato che si fa? Innanzitutto, si potrebbero informare i bimbi su cosa mangeranno: attraverso un pannello che ogni giorno mostri fotografie dei cibi (preparare le immagini è piuttosto semplice, visto che i menù di solito si ripetono) oppure mostrando delle carte fotografiche. Si potrebbe cantare una canzoncina sul pranzo. Ogni giorno poi un bambino per tavolo potrebbe apparecchiare e si potrebbero scegliere con un’estrazione a sorte, pescando le foto dei bimbi da un cestino, ad esempio. L’apparecchiatura la si può gestire differentemente: con tutto il gruppo già seduto (ogni bambino dovrebbe preferibilmente avere un posto assegnato) oppure subito dopo la lavatura delle mani ci si divide e i camerieri si fermano ad apparecchiare, mentre i compagni si siedono nell’angolo morbido a cantare una canzone.

Una volta preso il proprio posto, arriva il momento della sporzionatura. Se un adulto si occupa di suddividere il cibo in piccoli vassoi da portata, i bambini (medi e grandi ovviamente) sono capaci di servirsi da soli. Ci vuole una buona pianificazione, ma porta a buoni risultati. Lo stesso vale per l’acqua: se versata in piccole brocche, i bambini, dopo tanti “laghi”, riusciranno a centrare il bicchiere. Pensate alla soddisfazione che proveranno, una volta che riusciranno a farcela. Dopo l’attività, mettere a posto diventa il completamento di quello che abbiamo appena fatto: anche la mamma, dopo cena, sparecchia. Si possono predisporre grosse vaschette per raccogliere bicchieri e posate; si potrebbero buttare i bavagli in un cestino comune e impilare i piatti in una torre alta; buttare via gli scarti e aiutare a spingere il carrello. Anche la sparecchiatura è un buon modo per impiegare quei tempi morti, tra il pranzo e la nanna: i bimbi si rendono utili, non si agitano come accade spesso se lasciano giocare liberamente tutti insieme e si arriva ai preparativi per andare a letto in maniera più naturale.

Piccola Bibliografia:
L'alimentazione al Nido: un pranzo a misura di bambino, Assessorato Pubblica Istruzione Servizio Asilo Nido Firenze, Federazione italiana Medici Pediatri, 2008
Bisogni di cura al nido. Il pasto, il cambio, il sonno, Catarsi E. Baldini R, Edizioni del Cerro, 2008
Slow School. Pedagogia del quotidiano, Ritscher P., Giunti scuola, 2011
Cosa faremo da piccoli? Verso un'intercultura tra adulti e bambini, Ritscher P., Junior, 2000