Ogni anno la "questione Natale" si ripropone in ogni scuola di ordine e grado: come festeggiarlo? Come addobbare i corridoi? Che regalino facciamo preparare per i genitori? Non è così scontato rimanere fuori da logiche contagiose che mirano al riproporre tradizioni, perdendo di vista l'obiettivo più importante: i bambini, sui quali è invece necessario basare ogni tipo di programmazione educativa.
Come educatori, dovremmo riuscire a trovare una modalità che affronti la tematica in maniera universale, accogliendo i bisogni formativi e le richieste dei bambini che abbiamo di fronte ogni giorno. Lavorando al nido, i festeggiamenti e i preparativi si risolvono in maniera abbastanza semplice e per lo più ruotano intorno alla figura di Babbo Natale: si raccontano storie per ingannare l'attesa, si addobba l'albero con palline dipinte dai bambini, si coinvolgono genitori per laboratori creativi e per organizzare la festa.
Diciamo che le tematiche affrontate non hanno l'
influenza etico- religiosa che assumono nei gradi scolastici più alti. In questo casi, la questione Natale si fa più seria. E'proprio degli scorsi giorni la
notizia pubblicata da Repubblica, che denuncerebbe i contrasti sorti in una scuola primaria dei Firenze, città in cui lavoro, in merito a una recita natalizia. Le insegnanti di quinta elementare avevano previsto di far esibire i bambini in canti tradizionali cattolici fino a quando un genitore ha obiettato, in nome del principio di laicità della scuola pubblica e del rispetto delle altre confessioni religiose (e non). Allora dalle canzoni sono state censurati i contenuti cristiani e questo ha provocato il pesante dissenso da parte di altri genitori, che si sono rivolti al quotidiano e che appoggiano quella tradizione cristiana che tramanda il vero significato del Natale.
La scuola pubblica italiana oggi non può permettersi scivoloni di questo tipo: censurando, non si fa cultura, ma si evita il conflitto e si lascia uno spazio bianco, da riempire con cattiverie e offese gratuite, dovute all'ignoranza e all'ipocrisia della gente. Si fa cultura parlando, confrontandoci e estrapolando da quella che è una festa ormai commercializzata come il Natale, tutto quello che di bello porta con sè: la famiglia, il calore, l'accoglienza, la gioia, l'amore.
Facciamo cultura ripartendo dai valori e non cantando Tu scendi dalle stelle!
Il Natale potrebbe essere una bella occasione per parlare di emozione e di sentimenti, di come riuscire a fare qualcosa di concreto per gli altri e invece tante volte rimane incastrato nella stereotipia delle simbologie tipiche della festa. Potrebbe dare uno spunto per osservare come si festeggia nelle varie zone d'Italia, nel mondo. La storia di Rudolph, la renna col naso rosso, potrebbe essere la base per parlare di diversità, quella diversità che si dice tanto di tutelare, ma non viene poi rispettata. Essere diversi è, in ambito morale, una ricchezza, che viene perduta per sempre se si decide di far prevalere il pensiero della maggioranza.
E in tutto questo? I bambini che ruolo hanno? Sicuramente non trarranno giovamento da polemiche sterili. I bimbi imparano innanzitutto attraverso l'esempio dei loro genitori e tutto ciò che concerne la religione verrà appreso in famiglia e in chiesa. La scuola pubblica non è deputata a questi insegnamenti, se non nell'orario della materia specifica. Diventa un dovere di ogni adulto ridimensionare il senso del Natale e cercare di ritrovare il piacere e la meraviglia nelle piccole cose.