venerdì 22 marzo 2013

Giochiamo a fare un giardino con Marta

Ho incontrato casualmente Marta Vitale Brovarone su Facebook. Mi ha chiesto il permesso di poter pubblicare sul gruppo che gestisco, Educhiamo!, i link a delle iniziative da lei gestite a Torino, Avventure in giardino...in biblioteca e Boscofamily. Mi sono subito incuriosita perchè le sue attività mi sembravano ben strutturate e creativamente uniche. Le ho chiesto di raccontarsi ed ecco qua quello che mi ha risposto.

Dunque, sono una disegnatrice di giardini. Mi sono laureata in Agraria e poi in Architettura del paesaggio. Creo giardini attraverso soprattutto la progettazione partecipata con le scuole. Sempre nelle scuole, lavoro con progetti di educazione ambientale sulla natura a 360 gradi dal giardino, all'orto, agli animali.

Ho scritto e conduco alcuni progetti "particolari", come Aiuolando, che lavora creando una sinergia scuola- comune- famiglie e mantiene giardini pubblici e scolastici. E poi ci sono i Sabati del Naturalista, laboratori di osservazione e scoperta scientifica e divertente della natura in città. Amo tantissimo scrivere: collaboro con la rivista Giovani Genitori per la quale tengo una rubrica verde e scrivo di eventi, iniziative, per le famiglie legate all'ambiente!
Giardino della Pasta, Torino

Giardino Rodari, Torino

Amo molto il mio territorio: ad aprile inizieranno le iniziative Boscofamily, pomeriggi di giochi e attività  per tutta la famiglia a contatto con la natura, e Avventure in giardino...in biblioteca, di cui allego la locandina. 



Marta ha scritto anche un libro laboratorio Avventure e scoperte in giardino, rivolto ai bambini dai 3 anni in su per scoprire il mondo degli animali e delle piante.

Ed infine è mamma di due bimbe, Letizia di 5 anni e Beatrice di... quasi 3.

Una donna poliedrica che mettendo insieme l'amore per la natura, l'attenzione verso i bambini e l'attaccamento per il proprio territorio con una grande professionalità, crea progetti ed iniziative volte a strutturare una coscienza politica e ambientale in ogni piccolo cittadino.


Qui i suoi recapiti:
Marta Vitale Brovarone
e-mail: marta.vitale@tiscali.it
Facebook: http://www.facebook.com/marta.v.brovarone
Twitter: https://twitter.com/lamartaditorino

Il testo non in corsivo e le immagini sono di M. Vitale Brovarone

lunedì 18 marzo 2013

La scuola del fare

Giovedì scorso ho partecipato al seminario La scuola del fare, organizzato dal Movimento di Cooperazione Educativa, Gruppo Territoriale Fiorentino, presso la BiblioteCaNova di Firenze.
Il fare insieme come promozione della riflessione e dell'apprendimento
Si legge sul volantino che pubblicizza l'iniziativa e credendo molto in questo assetto fondamentale dell'azione educativa, ho assistito alla discussione sul tema di cooperazione pedagogica facendo tesoro degli interventi ascoltati e rielaborando le idee su cui ho poi riflettuto.

Marisa Giunti, segretaria del gruppo fiorentino, ci ha accolto aiutandoci a costruire dei cappelli di carta di giornale, la cui forma e la cui decorazione era affidata alla fantasia di chi lo avrebbe portato: ogni cappello era diverso dall'altro, ma a suo modo affascinante.

Franco Quercioli ha moderato il dibattito, introducendo in maniera puntuale il lavoro del MCE in Italia, dalla sua nascita alle personalità che lo hanno seguito, come Mario Lodi e Bruno Ciari. Già nel dopoguerra, l'aria di rivoluzionare i metodi didattici conferendo alla scuola una componente meno passiva e di indottrinamento era molto forte. Quando Célestin Freinet, fautore per eccellenza dell'apprendimento cooperativo, visitò Firenze nel 1950 pose le base teoriche per la costruzione del Movimento. 

Cosa è cambiato da allora? Tutto e niente sembrerebbe. Dalle diverse opinioni espresse, il quadro della scuola italiana che viene delineato è sicuramente di un'istituzione in difficoltà, che come allora vorrebbe rifondarsi e venire incontro alle nuove esigenze dei bambini di oggi. Questioni amministrative, politiche e economiche hanno inciso a rendere l'istituto scolastico un ente burocratizzato e depauperato dei valori fondamentali. Spesso non si ha il tempo per PARLARE con i colleghi, nonostante le numerose assemblee. Spesso non si ha il tempo per PARLARE con i bambini, rendendo inadeguato ogni intervento educativo. Assai più rare sono le occasioni in cui ci si confronta con le famiglie, con le quali si dovrebbe costruire una continuità e uno scambio, mirati a favorire un andamento sereno della crescita sia dei più piccoli che dei più grandi. Ancora una volta sembrano essere le nozioni a monopolizzare i sistemi formativi.

Lavorando in un nido, non ho esperienze dirette sulla scuola primaria, grado scolastico su cui si sono incentrate numerose riflessioni, ma sento talvolta le stesse impotenze, le stesse esigenze, le stesse sofferenze delle insegnanti che vi lavorano. Costruire un gruppo di lavoro non è mai cosa semplice e scegliere una via educativa (sebbene esistano programmazioni) non è sempre garanzia di qualità.

L'intervento di Ferruccio Cremaschi, responsabile delle Edizioni Junior Spiaggiari, da cui sono pubblicati i Quaderni di Cooperazione Educativa a cura del MCE, ha, a mio parere, colpito nel segno, poichè ha delineato le prospettive future sulle quali ogni buon educatore dovrebbe investire. Proponeva infatti di sfruttare le tecnologie informatiche per creare una vera rete di scambi di esperienze sulle eccellenze, sulle attività proposte nelle proprie aule per creare una sorta di biblioteca a disposizione dei colleghi, su cui riflettere e da cui poter attingere in qualsiasi momento.

PARLARE del proprio modo di fare educazione è necessario per poter riconoscere la propria professionalità nell'altro e con l'altro.

Per info MCE

domenica 10 marzo 2013

Bambini in guerra

Le guerre ci sembrano sempre lontane, ma in realtà attraverso la televisione e il computer immagini di battaglie e devastazioni sono all'ordine del giorno anche per i nostri bambini. I filmati e le foto arrivano da paesi anche a poche ore di aereo da non, non così irraggiungibili come la nostra mente ci vorrebbe far credere.

Jerome e sua moglie Francoise Brauner vissero un periodo, quello dei primi del Novecento, in un'Europa sconquassata dalle guerre. I bambini erano spesso dimenticati, ma il sociologo dell'infanzia e la consorte dedicarono la loro vita a curare i piccoli rifugiati della Guerra di Spagna e i superstiti dalla Notte dei Cristalli e dai campi di concentramento di Buchenwald e Auschwitz. Hanno poi fondato un centro "di trattamenti educativi" per bimbi con handicap e famosi sono i loro scritti sull'autismo, analizzato non solo dal punto di vista scientifico, ma anche da quello storico e socio culturale, altrettanto fondamentale nell'intervento pedagogico con piccoli autistici.


Il loro testo che più mi ha colpito è Ho disegnato la guerra (editore Erickson), dove raccolgono e analizzano le opere d'arte di bambini che hanno dovuto fronteggiare il conflitto bellico, dalla Prima Guerra Mondiale al Desert Storm. Far disegnare i bambini era una sorta di terapia, nella quale i più piccoli raccontavano con i colori che la loro mamma "non c'era più" e la loro casa era stata distrutta. 



"I disegni dei bambini devono servire come arma contro la follia della guerra. Ma non basta guardarli di sfuggita. Visti da vicino, rivelano tutte le sofferenze dell'umanità di ieri, di oggi e di domani". Scrivono i Brauner e leggendo questo libro, osservando i disegni dei bambini, il dolore e la disperazione appaiono tangibili.

Un libro testimonianza, da leggere anche con i bambini più grandi.

martedì 5 marzo 2013

Quando arriva una sorellina...

... o un fratellino, per un bambino è un evento che stravolge totalmente ritmi, sicurezze e modalità di interazione. Un estraneo è arrivato a catalizzare l'attenzione dei genitori: cosa vorrà mai?! E per quanto possa essere carino, non gioca, non parla e piange come un disperato. Non possiamo riportarlo indietro?

All'asilo nido, gli educatori tendono a curare molto questo avvenimento: è importante che il bimbo lo valorizzi come tale, riuscendo a capire l'importanza dell'arrivo del bebè, senza però sentirsi messo da parte. Renderlo partecipe durante la gravidanza è già un ottimo inizio. Ritagliarsi dei momenti "solo per lui", anche dopo la nascita del fratellino o della sorellina, è altrettanto vitale, soprattutto per la mamma: si sentirà ancora il "cocco" di casa e vivrà il momento senza troppe ansie e gelosie.

Evitare di investirlo di troppe responsabilità o di altri cambiamenti, come togliere il ciuccio o passare a dormire nel lettino, sarebbe un altro modo per riuscire a rendere il bambino più tranquillo: se proprio sono passaggi doverosi, programmiamoli prima del parto, considerando che tante volte i più grandi tendono ad imitare i più piccoli o comunque un investimento emotivo eccessivo renderà il bimbo più volubile del solito.

Può succedere che il bimbo perda autonomie acquisite: ha bisogno di essere imboccato, anche se fino all'arrivo del fratello mangiava da solo; fa la pipì nel letto, anche se ormai non usava più il pannolino; ha voglia di essere tenuto più in collo. E'normale qualche regressione: a chi non piacerebbe essere un bebè quando ne arriva uno in casa?! ;)


Anche al nido riservare un'attenzione speciale a fratelli o sorelle maggiori è utile per riuscire a contenere e a dare un nome ad emozioni nuove e mai provate, che talvolta sfociano in gesti aggressivi nei confronti dei compagni. L'invidia e la gelosia sono sentimenti nuovi e riuscire a canalizzarli non è facile per un bambino che sta costruendo il proprio mondo interiore. 

Un libro che i figli maggiori amano molto è E'nato un fratellino, di Liesbet Slegers, edizioni Clavis: racconta in maniera semplice la storia di Lisa (protagonista di molti testi della Slegers, tra cui Lisa e il pancione della mamma, dello stesso editore) alle prese con l'arrivo di Luca, il bebè di casa. Il babbo sembra non avere più tempo per disegnare con lei e anche la mamma non le rivolge le stesse attenzioni: che noia quel marmocchio! Lisa è arrabbiata, ma pian piano, avvicinandosi a lui, prova l'emozione di spingere il passeggino e di abbracciare Luca, che infondo non è poi così male. Che bello essere fratelloni e sorellone grandi!