martedì 10 aprile 2012

Un'utopia chiamata nido


Quasi quotidianamente leggo notizie sulla privatizzazione di nidi in Italia. La nuova situazione del Paese non aiuta di certo i Comuni, che dispongono di fondi esigui per gestire una gran quantità di servizi per i cittadini. Il nido è uno dei più facilmente cedibili a privati: di solito sono le cooperative che si occupano del personale e dell’andamento dell’asilo, mentre il Comune cede la struttura e quanto ci sta dentro. E’un passaggio quasi indolore: le famiglie non dovrebbero nemmeno percepire il cambiamento di consegne, ma a mio parere dietro c’è di più.

C’è una mancanza di presa di posizione per la tutela non di un servizio qualunque ma di un’istituzione educativa, c’è il pensiero al lavoro delle mamme, all’esigenza di affidare i bambini a persone fidate, c’è l’urgenza di sistemare. L’educazione viene dopo.

Si perde il valore del servizio, la bellezza e l’importanza di investire sul futuro e questo mi fa star male perché credo in questa istituzione. Non mi piace chiamarlo semplicemente servizio, perché ritengo che un ente che si occupi di rendere autonomi e sereni bambini in una fascia di età così bassa non eroghi soltanto un servizio.

Sarebbe bello che le politiche comunali divenissero statali, che non esistessero diversità da zona a zona, da asilo a asilo, che ci fosse una rete reale in cui educatori di tutta Italia potessero comunicare e condividere esperienze realmente realizzabili.

Sarò un po’utopica, ma continuo a crederci.

2 commenti:

  1. se un uomo sogna da solo... è solo un sogno...
    se si sogna in tanti... è la realtà che comincia!
    (proverbio brasiliano)

    ... anche io continuo a crederci... e siamo il 2!! :D

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  2. Stefania, il tuo ottimismo è sempre contagioso! Infatti io brontolo per buttare via le sensazioni negative: combattere con il sorriso è la miglior strategia per adesso!!!! :)

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