lunedì 24 settembre 2012

Il pianto dei bambini

Se un bambino piange, un motivo c'è.

Per un piccolino che non sa parlare, è l'unico mezzo di espressione; per i più grandicelli, rimane un metodo immediato per comunicare frustrazione. In ogni caso, a mio avviso, non è da ignorare.

Ci sono, è vero, pianti da capriccio, ma prima di considerarli tali è fondamentale conoscere il bambino. 

Nella fase degli ambientamenti, per le educatrici a volte gestire i pianti sembra un'impresa impossibile: separarsi dalla mamma è di sicuro un motivo più che valido per lasciarsi andare a lacrime di disperazione e rabbia. A questo punto, il ruolo dell'adulto è quello di contenitore emotivo (e spesso anche fisico), affinchè il bimbo si senta rassicurato e protetto anche in assenza del genitore. 

Ma a volte non è così automatico, ci sono i pianti "di protesta": non voglio stare qui all'asilo, voglio tornare a casa mia e non mi interessano nè gli altri bambini nè i giochi. E' un pianto altrettanto rispettabile! Cari adulti, quante volte ci lamentiamo, arrivando perfino alle lacrime, per situazioni nuove che fatichiamo a mandare giù?! Penso che in questo caso, la comprensione è la miglior strategia: non otterremo niente nè con la distrazione nè con le coccole.

Ovviamente ci sono i pianti da disagio fisico, per fame o sonno: se si ascoltano hanno un suono diverso.

Attraverso il pianto non si pronunciano parole, ma se ci mettiamo in situazione di ascolto, riusciremo a codificare anche quella cantilena, quelli strilli, quei singulti: sarà pur sempre una fatica, ma ci aiuterà ad accogliere il pianto dei bambini in maniera più serena e equilibrata.

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