martedì 15 novembre 2016

Le regole al nido: riflessione nel gruppo di lavoro

Il nido è prima di tutto un sistema sociale, in cui adulti e bambini si rapportano tra loro quotidianamente. Le regole sono alla base di ogni buona convivenza e diventano particolarmente importanti in un ambiente che debba garantire sicurezza e stabilità.

Martina ha analizzato nel suo articolo quello che l'approccio montessoriano prevede di mettere in pratica per far sì che un adulto riesca a far rispettare delle norme di comportamento essenziali. Credo che sia riuscita a descrivere al meglio quali sono le poche, ma essenziali direttive da seguire.

Ma tutto il gruppo di lavoro sarà d'accordo?

Vi è mai capitato di lavorare con colleghe così ansiose da tenere i bambini occupati in maniera ossessiva? O al contrario, vi è mai successo di lavorare con chi appoggia il libero volere di ognuno, che però rischia di diventare il caos?

Il mio punto di vista e di lavoro si inserisce sempre nel mezzo: soprattutto al nido, è giusto contenere i bambini in alcuni momenti, ma sperimentare l'autonomia è essenziale. Il punto essenziale della questione è evitare scontri fisici e progettare un ambiente senza pericoli.

Riuscire a far star seduti i bambini, far sì che sappiano aspettare il loro turno, tenerli in braccio in particolari occasioni. Sono tutte azioni educative, che insegnano ai bimbi una quantità enorme di comportamenti sociali e di sensazioni. Si impara a gestire ansia e frustrazione, si sperimenta la vicinanza dei coetanei e dell'adulto, si condivide a livello emotivo, si focalizza l'attenzione.

Al contrario, lasciare che un bambino sia libero di esperire l'ambiente, muovendosi dove vuole, prendendo ciò che vuole e facendo ciò che vuole, può sembrare pericoloso. Eppure se il ruolo dell'adulto è davvero quello del regista, che predispone giochi e materiali, che sistema eventuali pericoli, che resta presente, la valenza educativa è altrettanto pregnante per la costruzione della persona.

Educare non significa eliminare tutto ciò che si ritiene negativo: il bambino deve piangere, deve litigare con il compagno, deve farsi male...ovviamente tutto nella giusta misura! 

L'educatore deve riuscire se talvolta sono le proprie ansie a prevalere, spesso dovute a situazioni personali. Non c'è niente di male nemmeno in questo: prima di essere professionisti, siamo esseri umani con paure e rabbie, con un passato da portare dietro. Il lavoro da fare è quello della riflessione e rielaborazione: accettiamoci e decidiamo cosa è meglio per i bambini (non per noi) e se posso consigliare, condividere queste emozioni con le colleghe aiuta davvero tanto a trovare un metodo di lavoro comune che sia l'ideale per tutti.

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