martedì 6 novembre 2012

Il significato dei voti

Ogni tanto aiuto ragazzi di medie e superiori a fare i compiti; parlando con loro, mi rendo sempre più conto dell'inutilità dei voti scolastici. Non si valuta l'impegno, il processo che ha portato a quel risultato; non si valuta la qualità di un lavoro. Sempre più spesso mi accade di vedere lavori giudicati con la stessa superficialità con cui si dicono essere realizzati.

Tante volte interviene anche il cosiddetto effetto Pigmalione: Rossi non è una cima in italiano, che tema potrà mai avere fatto?! Se gli metto 5 e mezzo, non gli faccio altro che un regalo. Non ci si lascia sorprendere da studenti, che magari realmente faticano a raggiungere risultati prefissati, ma che ci provano con tutti loro stessi.

Allora vale la pena di tacciarli con un brutto voto?

Le reazioni degli studenti passano dall'indifferenza alla commiserazione di se stessi. Ho parlato con quindicenni sicuri che non sarebbero mai migliorati in una materia, perchè ormai sapevano di non essere "bravi". Altri ergono un muro nei confronti di professori, incapaci di comprenderli: questo muro significherà anche disinteressa per la disciplina dell'insegnante e sfiducia per la scuola in generale.

Mi rendo conto che il mestiere del professore sia assai difficoltoso, specialmente nell'attuale situazione storica italiana. Mi accorgo anche che questa non è la regola: ci sono insegnanti molto disponibili e aperti al confronto con i loro studenti. Ma la riflessione che faccio non è sulle singole persone, è sul sistema in generale.

Ha realmente un senso dare un brutto voto?

Stilare una sorta di classifica dal più al meno bravo porta davvero all'apprendimento?

Mi sembra che tutto questo vada contro i concetti di empowerment in cui tanto credo e penso anche che minare l'autostima di un ragazzino in età preadolescenziale possa arrecare gravi danni.

Forse è una sorta di preparazione a una società che seleziona e etichetta in maniera continua e secondo i criteri del successo e della furbizia. Il merito è un'altra cosa.

2 commenti:

  1. Relativamente alla mia esperienza, il problema non è il voto in sè, ma l'approccio al voto. Quando l'insegnante distribuiva i compiti in classe con i voti, noi eravamo regolarmente in ansia: perchè sembrava che valutassero la nostra persona, non la prestazione. Nessuno si è mai presa la briga di spiegarci (con aria convinta) che il voto era riferito a quella prestazione condizionata dalla nostra preparazione, dallo stato di salute di quel giorno, dai problemi personali di quel periodo. Il voto non valutava noi, era solo un punto di riferimento per capire su cosa lavorare. Non ci hanno mai guardato negli occhi dicendo:"Hai preso 4, ma guardiamo insieme perchè. So che lavorando sodo e senza arrenderti potrai potrai fare bene". Quante volte ci è arrivato il messaggio chi prende 9 è bravo! Bravo è un giudizio di valore. Chi prende 9 ha dimostrato competenza relativamente a quell'argomento; bravo significa tante cose, non necessariamente legate al rendimento scolastico e la bravura è un comportamento modificabile nel bene e nel male. Se ai ragazzi non è chiaro a cosa serve il voto (e secondo me non devono averlo chiaro solo i ragazzi, ma alcuni docenti e tutti i genitori), se in classe non si crea un clima di cooperazione, se i genitori fanno confronti tra compagni e figli, allora il voto pare un bel problema! Ma non è la scuola o il voto ad essere "il problema", è la mentalità della gente che deve modificarsi.
    Secondo me è l'approccio al voto che a volte è inquietante. La mia prof. di lettere del liceo faceva confronti sulla base dei voti, preferiva le persone in base ai voti. Ci sono genitori che all'uscita chiedono: "tuo figlio quanto ha preso?" Questo fa male ai bambini, non un 5 dato con rispetto. Se un bimbo prende 5, ma nessuno glielo fa pesare, non sono sicura che lui si senta "sbagliato", nemmeno se il compagno ha preso 7. Se il bimbo che magari fa fatica e non ha sempre bei voti (perchè magari ha dei problemi nell'apprendere), viene valorizzato per quello che ha di bello, per quello che sa fare, allora non si sente sminuito, perchè magari il compagno ha fatto una migliore prestazione, ma lui è un bimbo molto dolce e tutti ammirano la sua dolcezza o la sua memoria (sparo a caso!). Ma raramente vedo apprezzare i bimbi che fanno fatica, troppo spesso si finisce per guardare quello che non va, invece che partire da quello che va bene... Ma temo di dover dire che la società tende a questo, al dilà della scuola. Spesso la società valuta, giudica e i giudizi sono sentenze. Credo che ci sia richiesto un cambiamento di mentalità, di approccio a 360°.
    Un saluto!
    Nadia S.

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  2. Grazie per il tuo prezioso intervento Nadia: spiegare il perchè di un voto e valorizzare le qualità di ognuno sarebbero gesti essenziali. E'vero che la società in generale non aiuta!

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