lunedì 18 marzo 2013

La scuola del fare

Giovedì scorso ho partecipato al seminario La scuola del fare, organizzato dal Movimento di Cooperazione Educativa, Gruppo Territoriale Fiorentino, presso la BiblioteCaNova di Firenze.
Il fare insieme come promozione della riflessione e dell'apprendimento
Si legge sul volantino che pubblicizza l'iniziativa e credendo molto in questo assetto fondamentale dell'azione educativa, ho assistito alla discussione sul tema di cooperazione pedagogica facendo tesoro degli interventi ascoltati e rielaborando le idee su cui ho poi riflettuto.

Marisa Giunti, segretaria del gruppo fiorentino, ci ha accolto aiutandoci a costruire dei cappelli di carta di giornale, la cui forma e la cui decorazione era affidata alla fantasia di chi lo avrebbe portato: ogni cappello era diverso dall'altro, ma a suo modo affascinante.

Franco Quercioli ha moderato il dibattito, introducendo in maniera puntuale il lavoro del MCE in Italia, dalla sua nascita alle personalità che lo hanno seguito, come Mario Lodi e Bruno Ciari. Già nel dopoguerra, l'aria di rivoluzionare i metodi didattici conferendo alla scuola una componente meno passiva e di indottrinamento era molto forte. Quando Célestin Freinet, fautore per eccellenza dell'apprendimento cooperativo, visitò Firenze nel 1950 pose le base teoriche per la costruzione del Movimento. 

Cosa è cambiato da allora? Tutto e niente sembrerebbe. Dalle diverse opinioni espresse, il quadro della scuola italiana che viene delineato è sicuramente di un'istituzione in difficoltà, che come allora vorrebbe rifondarsi e venire incontro alle nuove esigenze dei bambini di oggi. Questioni amministrative, politiche e economiche hanno inciso a rendere l'istituto scolastico un ente burocratizzato e depauperato dei valori fondamentali. Spesso non si ha il tempo per PARLARE con i colleghi, nonostante le numerose assemblee. Spesso non si ha il tempo per PARLARE con i bambini, rendendo inadeguato ogni intervento educativo. Assai più rare sono le occasioni in cui ci si confronta con le famiglie, con le quali si dovrebbe costruire una continuità e uno scambio, mirati a favorire un andamento sereno della crescita sia dei più piccoli che dei più grandi. Ancora una volta sembrano essere le nozioni a monopolizzare i sistemi formativi.

Lavorando in un nido, non ho esperienze dirette sulla scuola primaria, grado scolastico su cui si sono incentrate numerose riflessioni, ma sento talvolta le stesse impotenze, le stesse esigenze, le stesse sofferenze delle insegnanti che vi lavorano. Costruire un gruppo di lavoro non è mai cosa semplice e scegliere una via educativa (sebbene esistano programmazioni) non è sempre garanzia di qualità.

L'intervento di Ferruccio Cremaschi, responsabile delle Edizioni Junior Spiaggiari, da cui sono pubblicati i Quaderni di Cooperazione Educativa a cura del MCE, ha, a mio parere, colpito nel segno, poichè ha delineato le prospettive future sulle quali ogni buon educatore dovrebbe investire. Proponeva infatti di sfruttare le tecnologie informatiche per creare una vera rete di scambi di esperienze sulle eccellenze, sulle attività proposte nelle proprie aule per creare una sorta di biblioteca a disposizione dei colleghi, su cui riflettere e da cui poter attingere in qualsiasi momento.

PARLARE del proprio modo di fare educazione è necessario per poter riconoscere la propria professionalità nell'altro e con l'altro.

Per info MCE

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