martedì 20 novembre 2018

Cronache di un babbo in via d'educazione: l'Inizio

Se dovessi descrivere il momento in cui sono diventato padre, non parlerei della sala parto o del primo vagito di mio figlio.

Partirebbe tutto da una mattina presto, di un giorno qualunque, che non ricordo nemmeno. Avete presente il dormiveglia appena prima il suono della sveglia, quando con la coda dell’occhio vedete che mancano ancora 5 meritatissimi minuti?

È il momento in cui cominciate a rimettere a posto i pensieri, a riprendere le fila degli impegni. La consuetudine di quella mattina fu squarciata da mia moglie che entrò in camera brandendo uno stick bianco e con la faccia di quando mi fa le sorprese.

-Tieni!- Esclama.
E mi passa lo stick.

Io, cercando di spalancare al massimo gli occhi cisposi, prendo il test e vedo due linee.
In questo momento tutti si aspetteranno una reazione romantica. Baci abbracci lacrime.

Invece, almeno per me, è come se fosse apparso un gigantesco display con un conto alla rovescia, dove lo 0 corrisponde alla data del parto.
L’unica cosa che sono riuscito a dire è stata:
-Non è vero.-

Anche perché un pochino pensavo che fosse uno scherzo, dato che io sarei capace di scherzi da prete simili.

Chiarito il fatto che mia moglie è una persona seria, sono andato a lavoro.
Col display ancora davanti.
8 mesi, 29 giorni e 20 ore. O giù di lì.

Perché anche se non è un conto preciso comprendevo che mi rimaneva solo quel tempo per fare il ragazzo. L’ultimo periodo della mia vita relativamente senza responsabilità, di svago.

Non potevo sbagliarmi in modo peggiore...

Di Gabriele Mercurii Pinciotti

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