venerdì 14 dicembre 2018

Cronache di un babbo in via di educazione: la triste consapevolezza

Nel  esatto in cui ho realizzato di diventare papà ho iniziato a stilare una lista mentale delle cose che avevo da fare.
Mi arrivavano in mente tipo titolo di coda, la fine di un film con tanto personale che ci lavora. Ma tanto. Una lista infinita. Dal ridipingere la camerina ad ultimare tutti i lavori di categoria “lo faccio dopo”.

In un attimo ho visto la casa con gli occhi di un genitore apprensivo. Ogni angolo celava pericoli ed imprevisti. Spigoli assassini, prese mortali e sporgenze mutilanti.
Ma soprattutto, è uno dei pochi modi che ha un babbo per sentirsi utile nei primi mesi di gravidanza. Perché dopo pochi giorni dal test, la mamma arriva a casa con un pacco di analisi da fare, integratori da prendere, diete da rispettare e comportamenti da evitare.

A te nemmeno un bischero che chieda come stai. Qualche timido “congratulazioni”, sussurrato, prima di rivolgere le attenzioni alla mamma.

Per carità, va benissimo così. Solo che, mentre la mamma sa cosa fare in ogni momento della giornata, tu invece devi improvvisare. La fortuna che ha un babbo è che immediatamente non sei più al centro dell’attenzione. Hai 9 mesi di tempo per capire che è arrivato qualcuno che ti ruberà tutte le coccole e le attenzioni. Ma hai tempo per abituarti. 

Pensa alle mamme, poverette, che fino al giorno prima si beccano coccole e vizi e dopo magari un parto faticoso si vedono rubare la scena da un coso brutto e piccino!

giovedì 22 novembre 2018

Educhiamo con i libri: parliamo in piripu

Avete mai letto ai vostri bambini in un'altra lingua? Beh, se vi capita e se sono piccoli, vedrete che poco cambia: sono le immagini e il suono della vostra voce a comunicare con loro.

Se invece vi capiterà in mano un albo illustrato con ometti arancioni, elefanti, forteste intricate, firmato da Emanuela Bussolati (edizioni Carthusia), ecco che tutto sarà diverso.

Le avventure di Piripu Bibi incantano i bambini: dai più piccoli ai più grandi. Eppure le vicende narrate sembrano abbastanza banali: in Badabum, ad esempio, si racconta di un temporale.

Ma cosa rende speciale questa lingua strampalata e onomatopeica?

All'inizio del libro c'è una piccola spiegazione per gli adulti. Un libro è un oggetto e per il bambino rimane tale se un adulto non legge con trasporto. Il piripu serve per fare vocine e facce buffe, per instaurare un rapporto di complicità con il lettore e soprattutto per connettersi alla nostra parte bambina.

La storia non sarà mai la stessa: la mia interpretazione non sarà come la tua. E lo stesso libro diventa mille altri libri.

A volte, quando Teseo è triste, inizio a raccontare "Tararí tararera..." e lui si blocca per ascoltare.

Avete mai parlato in gibberish? Tutti dovremmo farlo ogni tanto, ma questa è un'altra storia...

martedì 20 novembre 2018

Cronache di un babbo in via d'educazione: l'Inizio

Se dovessi descrivere il momento in cui sono diventato padre, non parlerei della sala parto o del primo vagito di mio figlio.

Partirebbe tutto da una mattina presto, di un giorno qualunque, che non ricordo nemmeno. Avete presente il dormiveglia appena prima il suono della sveglia, quando con la coda dell’occhio vedete che mancano ancora 5 meritatissimi minuti?

È il momento in cui cominciate a rimettere a posto i pensieri, a riprendere le fila degli impegni. La consuetudine di quella mattina fu squarciata da mia moglie che entrò in camera brandendo uno stick bianco e con la faccia di quando mi fa le sorprese.

-Tieni!- Esclama.
E mi passa lo stick.

Io, cercando di spalancare al massimo gli occhi cisposi, prendo il test e vedo due linee.
In questo momento tutti si aspetteranno una reazione romantica. Baci abbracci lacrime.

Invece, almeno per me, è come se fosse apparso un gigantesco display con un conto alla rovescia, dove lo 0 corrisponde alla data del parto.
L’unica cosa che sono riuscito a dire è stata:
-Non è vero.-

Anche perché un pochino pensavo che fosse uno scherzo, dato che io sarei capace di scherzi da prete simili.

Chiarito il fatto che mia moglie è una persona seria, sono andato a lavoro.
Col display ancora davanti.
8 mesi, 29 giorni e 20 ore. O giù di lì.

Perché anche se non è un conto preciso comprendevo che mi rimaneva solo quel tempo per fare il ragazzo. L’ultimo periodo della mia vita relativamente senza responsabilità, di svago.

Non potevo sbagliarmi in modo peggiore...

Di Gabriele Mercurii Pinciotti